Enrico Lucchese
UNA PROPOSTA DALMATA PER MATTIA BORTOLONI
1 - MATTIA
BORTOLONI, Sant'Antonio da Padova, san Girolamo, la Madonna e
l'angelo Gabriele. Selve, collezione parrocchiale.
Pubblicata nel 1992-93 da Radoslav Tomić con un'attribuzione a
Giambattista Pittoni1,
la pala con Sant'Antonio da Padova, san Girolamo, la Madonna e
l'angelo Gabriele dell'isola di Selve in Dalmazia (fig. 1)2
è tornata protagonista, dopo il restauro a Zara, in un recente articolo3.
Nel contributo di Višnja Bralić, dove si rivede tra l'altro la questione
degli ovali di Santa Maria degli angeli a Lussingrande, viene ipotizzato
con la corretta cautela che il dipinto proveniente dall'altar maggiore
della chiesa di Sant'Antonio al porto di Selve sia stato eseguito da un
altro maestro del Settecento veneziano, giustamente di rango non pari al
troppo impegnativo Pittoni, ovvero Angelo Trevisani, riportando inoltre
la tradizione che l'opera sia stata commissionata dalla locale famiglia
Bujačić4.
Augurandosi con la studiosa che una ricognizione archivistica possa
aiutare le ricerche future su questo ennesimo capitolo degli scambi
culturali anche nel XVIII secolo tra le sponde adriatiche, si vuole nel
presente intervento proporre un nuovo nome per la pala dalmata, quello
dell'estroso e a volte camaleontico Mattia Bortoloni.
Non paiono infatti del tutto persuasivi i numerosi legami ora istituiti
con le opere note di Trevisani: pur rivivendo la stessa temperie
pittorica, quella della Venezia del terzo decennio del Settecento tra
neotenebrosi e istanze rococò internazionali, l'opera di Selve si
discosta nei lemmi caratteristici del maestro veneziano, specie da quei
peculiari "rilievo e rotondità" riconosciutigli da Anton Maria Zanetti
nel 17715.
Artista segnato da "esperienze diverse e spesso contraddittorie"6,
Angelo Trevisani resta comunque fedele a una determinata cifra
figurativa, affezionata a dati tipi e sigle stilistiche che non trovano
onestamente decisive conferme nel dipinto in Dalmazia.
Originale rassegna eclettica della pittura veneziana degli anni Venti,
la pala di Sant'Antonio a Selve ha come soggetto principale proprio il
francescano che occupa, quasi quinta umana, gran parte del lato sinistro
della composizione, colto mentre si flette su una grande pietra angolare
davanti la quale giacciono gli attributi del libro e del giglio e
osserva la scena dell'Annunciazione in cielo; gli fa eco in basso in
diagonale Girolamo, mentre l'altro angolo inferiore del dipinto è
occupato dal mansueto leone.
Tale notevole organizzazione spaziale, in alcuni aspetti di sapore
neomanieristico, non si rivede nelle opere coeve di Trevisani, aduso
invece ad assemblaggi a volte costipati.
"Between Pittoni and Piazzetta"7,
Sant'Antonio da Padova, san Girolamo, la Madonna e l'angelo Gabriele
dimostra concrete identità compositive e formali con le opere eseguite a
Venezia da Mattia Bortoloni grosso modo nello stesso periodo finora
considerato.
2 - MATTIA
BORTOLONI,
Allegorie. Venezia, Ca' Farsetti.
Se certe stilizzazioni a Selve paiono richiamare la primizia degli
affreschi di Piombino Dese, di cui esiste il contratto del dicembre 17168,
molto più stringenti si fanno i rapporti con opere che la critica
considera seguenti, come la decorazione del vano scale di Ca' Farsetti
(fig. 2), dove si avverte "una plasticità più risentita delle figure,
ottenuta con un risalto chiaroscurale accentuato, nonostante le
accensioni cromatiche impresse alle vesti. Le figure mantengono un
andamento slanciato senza quell'estenuazione lineare che caratterizzava
quelle di Villa Cornaro. Qui insomma il Bortoloni si mette al passo dei
tempi, abbandonando una cultura seicentesca come era quella del Dorigny
e prendendo parte alla corrente patetico-chiaroscurale che faceva capo
al Tiepolo; ed alla quale partecipava lo stesso Pittoni, che in questo
momento ha tanti punti di contatto col pittore polesano"9.
Questa fase che sembra giovarsi quindi dell'influenza del coetaneo
Tiepolo frescante a Massanzago, agli Scalzi e a palazzo Sandi, ha il suo
limite cronologico in Bortoloni nell'Allegoria del 1727 per
palazzo Contarini Sceriman a Venezia
10.
3 - MATTIA
BORTOLONI,
Trionfo della Fede. Venezia, chiesa dei Tolentini.
Dopo questa impresa, di alta drammaticità espressiva e chiaroscurale,
viene posta la decorazione ad affresco della chiesa dei Tolentini,
ricordata nel 1733 nella guida (terminata come si sa l'anno prima) di
Zanetti (fig. 3-4), forse le opere, nonostante il diverso medium,
che dimostrano maggiori aderenze con la pala dalmata. Nel Trionfo
della Fede
(fig. 3) compare un angelo (dal sofisticato panneggio ancora memore di
Louis Dorigny il cui astro non mi pare esente neppure a Selve) che non
solo nel profilo può ricordare il sant'Antonio in Dalmazia ma che si
lega a quest'ultimo nella costruzione del volto e dell'anatomia.
4 - MATTIA
BORTOLONI,
Apoteosi di san Gaetano. Venezia, chiesa dei Tolentini.
Dette prossimità si
confermano anche nel comparto del soffitto della chiesa veneziana (fig.
4) nel quale compaiono in una regia luministica di matrice
tiepolescaVenezia11,
soluzioni, nella regia delle eleganti pieghe delle vesti e dei singoli
particolari delle fattezze e delle pose, analoghe a quelle adottate
nella tela in esame.
Nell'opera di Selve si ritrovano molte spie anche del fare futuro di
Mattia Bortoloni12,
certo è però che i pochi dati sicuri della sua produzione dopo gli
affreschi Cornaro a Piombino Dese, ivi compresa la stessa decorazione
dei Tolentini, non molto giovano a una serena collocazione cronologica
della pala dalmata.
5 - MATTIA
BORTOLONI, Sant'Antonio da Padova, san Girolamo, la Madonna e
l'angelo Gabriele, particolare. Selve, collezione parrocchiale.
Il denso chiaroscuro
con l'angelo solcato da nette ombre mentre le luci portano allo zenith
le vesti inamidate di Maria, più pittoniana di un Pittoni (fig. 5)
secondo un metodo ludico a lui caro, pare essere la necessaria traccia
per una cronologia non così lontana dalle prove di Tiepolo, Piazzetta e
Pittoni a San Stae (1722), in un momento comunque di vicinanza,
sembrerebbe, di Mattia Bortoloni con la pittura - ricca di fumi e lumi
ma più regolata - di Giambattista Mariotti, che fu suo compagno di studi
giovanili presso Antonio Balestra13.
Nel 1726, nella denuncia dello stato libero della sorella del pittore
vicentino, il polese affermò di frequentare tutta la famiglia Mariotti
praticamente dall'infanzia14:
in quegli stessi giorni, forse, Bortoloni mostrò anche all'amico e
collega la sua ultima fatica destinata a un altare in un'isola della
Dalmazia.
Enrico Lucchese
NOTE
1
R. TOMIĆ,
Slike mletackog baroka na Silbi, u Trogiru i Splitu.
Giambattista Pittoni, "Peristil", 35-36, 1992-93, pp. 221-222.
L'attribuzione a Pittoni è ribadita dallo stesso R. TOMIĆ,
scheda, in
Umietnicka Bastina Zadarske Nadbiskupije Slikarstvo, a cura di N.
JAKSIC, Zadar 2006, pp. 312-313, cat. 131.
2
In croato Silba. Olio su tela, 170 x 115 cm. Come segnala
Tomić
(vedi nota seguente) l'opera è attualmente conservata nella collezione
parrocchiale
3
V.
BRALIĆ,
Izmedu Pittonija i Piazette: Prijedlog za Angela Trevisanija na Silbi,
"Radovi Instituta povijest umjetnosti", 30, 2006, pp. 107-119.
4
BRALIĆ,
Izmedu Pittonija i Piazette ... cit., pp. 107-114.
5
A. M. ZANETTI, Della Pittura Veneziana e delle Opere Pubbliche dÈ
Veneziani Maestri, Venezia 1771, p. 452.
6
R. PALLUCCHINI, La pittura nel Veneto. Il Settecento, I, Milano
1994, p. 556.
7
BRALIĆ,
Izmedu Pittonija i Piazette ... cit., p. 119.
8
Cfr. N. IVANOFF, Mattia Bortoloni e gli affreschi ignoti della Villa
Cornaro a Piobino Dese, "Arte Veneta", IV, 1950, pp. 123-130; R.
PALLUCCHINI, La pittura nel Veneto ... cit., pp. 148-149.
9
R. PALLUCCHINI, La pittura nel Veneto ... cit., p. 149: lo
studioso inoltre considera dello stesso momento i monocromi della villa
Vendramin-Calergi a Fiesso Umbertiano, in disaccordo con E. RICCOMINI,
Un modelletto inedito del Bortoloni, "Arte Veneta", XXI, 1968,
pp. 202-203.
10
Cfr. E. MARTINI, La pittura del Settecento veneto, Udine 1984, p.
60.
11
Cfr. R. PALLUCCHINI, La pittura nel Veneto ... cit., pp. 155-156.
12
Come il particolare degli addominali in torsione di san Gerolamo
ripetuti ad anni di distanza nei telamoni dell'affresco di una sala a
pianterreno di villa Raimondi a Birago di Lentate (Milano), cfr. R.
PALLUCCHINI, La pittura nel Veneto ... cit., p. 160, fig. 243.
13
Come può suggerire N. IVANOFF, Giambattista Mariotti, "Bollettino
del Museo Civico di Padova", XXXIXLIII, 1942-1954, p. 158, quando scrive
che "il Mariotti, come il Nogari e l'ultimo Mattia Bortoloni, scioglieva
i flessuosi schemi disegnativi derivati dal Balestra". Lo stesso
studioso avvicinava ai modi del giovane Bortoloni (in Il Museo Correr
di Venezia. Dipinti del XVII e XVIII secolo, a cura di T. PIGNATTI,
Venezia 1960, pp. 29-30) anche il problematico Trionfo allegorico
collocato nel soffitto della sala del Lazzarini a Ca' Rezzonico.
14
E. DE ROSA, Qualche traccia documentaria per Giovan Battista Mariotti,
"Arte Documento", 10, 1996, p. 84: in un altro documento relativo a una
figlia di Mattia Bortoloni figura come testimone Giambattista Mariotti.
Arte in Friuli, Arte a Trieste
N°25
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Edizioni della Laguna