Massimo De Grassi
Inediti di Alfonso
Canciani
Succede molto spesso, purtroppo, che l'umidità di risalita, tipica degli
ambienti costieri, causi gravi danni al patrimonio artistico. Il
fenomeno della desolfatazione, che è il principale effetto dell'umidità,
provoca infatti danni irreversibili al materiale lapideo, specie se ad
alto contenuto di carbonato di calcio. A Venezia in questo modo sono
andate perdute decine di statue, altari, vere da pozzo e quant'altro.
Qualcosa del genere può succedere poi anche a opere di realizzazione
relativamente recente, specie se all'umidità si aggiunge l'elevato
dilavamento meteorico, causato dalla collocazione all'aperto.
1 - Alfonso Canciani, Tomba
G. A. Chalvien.
Lussinpiccolo, cimitero.
3 - Alfonso Canciani, Tomba G. A. Chalvien, particolare con la
firma. Lussinpiccolo, cimitero.
La scultura fortemente deteriorata cui si fa riferimento in questa sede
è la lapide marmorea che segnala la sepoltura della famiglia G. A.
Chalvien nel cimitero di Lussinpiccolo. L'angelo in altorilievo,
elemento iconografico principale della tomba, è infatti quasi
completamente illegibile a causa dei fenomeni sopradescritti. Da questa
rovina si salva però la firma di Alfonso Canciani sulla base, ancora ben
visibile, che non lascia dubbi nell'assegnare allo scultore friulano il
rilievo e, verosimilmente, anche l'architettura del sepolcro, che non è
ancora stato compiutamente preso in considerazione dalla letteratura
specializzata.
2 - Alfonso Canciani, Angelo orante. Foto
d'epoca.
Scorrendo il catalogo ragionato dell'artista, pubblicato nel 1992, è
facile identificare il prototipo per il rilievo di Lussinpiccolo: si
tratta di una Figura d'angelo in piedi datata tra il 1921 al 1923
e conosciuta solo grazie a una foto d'epoca che riproduce il gesso
originale. Nel catalogo si accenna anche agli evidenti rapporti tra la
scultura e l'Angelo Giustiziere della Cacciata dal Paradiso,
realizzata in gesso nel 1911 per l'ambone del duomo di Trento e mai
tradotta in marmo.
A distanza di anni, appena ottenuta (nel 1920) la cattedra di scultura
presso la Scuola industriale di Trieste, Canciani recupera così un'opera
della sua prima maturità, rinserrandone il dinamismo di partenza in una
fissità frontale che ben si adattava una nuova funzione e allo spiccato
neobizantinismo dell'architettura. Un aspetto questo che gli derivava
molto probabilmente dalle collaborazioni con Max Fabiani, fattesi ancora
più frequenti dopo il 1918 e il rimpatrio di entrambi. Un rapporto
strettissimo sul piano operativo almeno fino al 1922, quando venne
chiuso l'Ufficio Provinciale Ricostruzioni ed Architettura di Gorizia,
diretto da Fabiani.
Pare di sentire le parole della presentazione di Remigio Marini alla
personale dello scultore allestita nel febbraio 1954 alla galleria del
Circolo della Cultura e delle Arti di Trieste: "Alfonso Canciani ebbe
una sua parola da dire. La disse. E fu tanto sua ch'egli si trovò subito
in dissidio con l'inamine e vuoto naturalismo della fine del secolo e
con quel vacuo floreale secessionismo che rappresentò la miseria
estetica e morale di gran parte d'Europa avanti la prima guerra". Al di
là del giudizio quantomeno sommario su di un movimento - la Secessione
viennese - di cui Canciani fu parte integrante fino a tutto il 1910,
vanno colti di Marini soprattutto i richiami ai "limpidi scanditi volumi
di quattrocentesco nitore" che Marini ritrova nella celebre
Sonnambula del 1901, e che ben si adattano anche all'angelo di
Lussinpiccolo, come del resto gli pertengono la "fresca spontanea
antiretorica energia" e la "volumetria cristallina pienamente personale"
che ancora Marini attribuiva rispettivamente alle "libere figure di
lavoratori" e a "quei suoi molti e vivi e penetranti ritratti".
4 - Alfonso Canciani, Tomba Grassi. Trieste, cimitero di Sant'
Anna, campo XIV.
All'ultima fase della carriera appartiene un delicato quanto
convenzionale stiacciato bronzeo sulla tomba Grassi al cimitero
cattolico di Sant'Anna di Trieste, firmato e datato 1941 e a tutt'oggi
ignoto agli studi. Si tratta di un'opera di routine che certo
poco aggiunge al profilo dello scultore, all'epoca già molto anziano -
era nato a Brazzano di Cormons nel 1863 - e attivo solo per alcune
piccole opere sacre e ritratti di personaggi come Silvio Benco e Umberto
Nordio. Un tassello marginale quindi, ma non per questo meno importante
nella ricomposizione di una figura, quella di Canciani, che merita
ulteriori supplementi d'indagine; in questo senso vale riprendere quanto
scriveva Marco Pozzetto nel 1992: "Alfonso Canciani ha pagato a
carissimo prezzo la sua ferrea volontà di emergere; per un giuliano, al
suo tempo v'era una sola possibilità per raggiungere questo scopo:
trasferirsi a Vienna, uno dei centri mondiali di cultura. Al suo
ritorno, quando la vecchia Europa morì, divenne straniero a casa sua, un
po' per invidia, tanto per lo sciovinismo. Le commesse affidategli
furono ridicole: medaglie, targhe, tombe, qualche ritratto [...] Eppure,
se i grandi colleghi del tempo lo rispettavano per la sua opera, non
capisco perché noi non potremmo in qualche modo imitarli?".
Massimo De Grassi
Arte in Friuli, Arte a Trieste
N°25
©
Edizioni della Laguna
P.S.: Nel testo corrente sono
state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.