Enrico Lucchese
Giunte al catalogo di Girolamo Brusaferro
“Seguì nella sua gioventù il Brusaferro la scuola del Cav. Bambini, dove apprese le buone regole del disegno, le quali, quantunque dopo abbandonasse in parte quei modi, gli servirono di buone guide per l’arte, e per essere tenuto un dotto pittore. Tentò anche di seguire la maniera di Sebastiano Rizzi; e infine formossi egli uno stile, che di tutti e due que’ Maestri partecipava; ma aveva insieme qualche cosa di originale”1: sull’osservazione di Anton Maria Zanetti si basa giustamente tutta la fortuna critica del veneziano Girolamo Brusaferro (1677-1745), oggetto recente di una monografia2 e di un importante contributo riguardo la presenza di suoi dipinti in Croazia3. Seguendo le parole dello Zanetti e gli ultimi studi appena menzionati4, è possibile aggiungere nuove opere al corpus pittorico di questo interessante mediatore in laguna tra la cultura chiarista tardobarocca e le novità artistiche internazionali del XVIII secolo impersonificate, per usare un’altra espressione zanettiana, dalla “felicità paolesca” di Sebastiano Ricci.
1. Girolamo Brusaferro, Riposo nella fuga d’Egitto. Ubicazione ignota.
Alle prime fasi della carriera di Brusaferro sembra competere un Riposo nella fuga d’Egitto di cui esiste la riproduzione (fig. 1) di un vecchio catalogo d’asta svoltasi a Milano tra il 15 e il 20 aprile del 1928, dove venne presentato come di anonimo maestro veneto del XVIII secolo, che conosco attraverso il servizio di Documentation del museo del Louvre5. Il dettaglio della Madonna, la quale, intenta ad avvolgere le fasce del figlio, accompagna con lo sguardo il gesto del piccolo Gesù verso gli angeli che gli offrono della frutta, può essere accostato con agio al gruppo delle Marie sotto l’Erezione della Croce a San Moisé6. Nei due dipinti confrontati agisce infatti, per ricalcare la lettura stilistica di Pallucchini, una medesima “luminosità di carattere riccesco, che si diffonde dal cielo”: Brusaferro, se a questa data appare distante da “quel gusto chiaroscurale, ancora di carattere tenebroso, che aveva alimentato le sue opere iniziali” (si veda il ‘telero’ firmato e datato 1706 della stessa San Moisé), mantiene comunque “quella densa integrità formale baroccheggiante che aveva ereditato dal Bambini, e quel senso della compattezza della forma classicistico, che fa capo al Bambini e al Balestra; senza essere turbato dall’espressionismo patetico della corrente Piazzetta-Bencovich-Tiepolo in pieno sviluppo tra il secondo ed il terzo decennio”7. Il risultato è un’opera di eleganza si direbbe marattesca: la Sacra famiglia che riposa tra statue mutile, allusione al declino del paganesimo, piramidi e palmizi, mi pare confermi la simpatia di Brusaferro verso il faro del nuovo classicismo settecentesco in Veneto, Antonio Balestra.
Presso la Pinacoteca Stuard di Parma, nel complesso del monastero di San Paolo celeberrimo per gli affreschi del Correggio, sono conservate due mezze figure en pendant, una Santa Caterina d’Alessandria (fig. 2)8
3.Girolamo Brusaferro, Sant’Agnese. Parma, Pinacoteca Stuard.
e una Santa Agnese (fig. 3)9 fino ad oggi considerate di Gregorio Lazzarini10 ma da restituire con decisione proprio a Girolamo Brusaferro, con una cronologia nella piena maturità dell’artista11. Precedentemente alla schedatura di Cirillo e Godi, le due Sante erano state attribuite a Clemente Ruta ma soprattutto avvicinate alla “scuola di Sebastiano Ricci”12; del resto l’influenza dei numi tutelari di Brusaferro era stata già avvertita dai due studiosi appena menzionati: se infatti nella Santa Caterina si avvertiva che “il fremito della pennellata risente di Sebastiano Ricci. La modellazione della S. Agnese appare invece un poco più semplice, sensibile agli influssi di Nicolò Bambini”13. Queste analisi formali giustificano la piena paternità delle tele Stuard all’equilibrato Brusaferro, collocandole in una serie di figure di tre quarti caratteristiche del maestro, come – per fare solo un esempio – la Rebecca al pozzo di collezione privata della fine del terzo decennio, gemella dell’Agnese di Parma14. Il riferimento a Lazzarini, maestro dai modi differenti, si spiega comunque con un certo conservatorismo che permea tutta la produzione di Girolamo Brusaferro: come segnala Pietropolli “è infatti usuale in Brusaferro la coesistenza di elementi settecenteschi con altri ancora tardobarocchi, palesemente di derivazione dal Bambini, come il disegno solidamente modellato dei personaggi, che si caratterizzano per la forte gestualità delle mani e degli sguardi, uno degli elementi più impiegati da Gerolamo. Anche il colore sui toni abbastanza densi del rosso e del bruno è caratteristico del Brusaferro, che non giunge mai ad una luminosità pienamente rococò”15. Santa Caterina e Sant’Agnese, oggi nella ricostituita Galleria della Pinacoteca emiliana16, forse provengono in origine dalla piccola raccolta formata da Pietro Stuard, morto nel 1768, e giunta poi in eredità, per il tramite del padre Domenico, a Giuseppe Stuard (1790-1834)17, il nobile parmense che lasciò alla Congregazione di Carità cittadina un patrimonio di opere d’arte che è alla base dell’attuale collezione museale. Lettore attento della Storia pittorica della Italia uscita a quell’epoca, Giuseppe Stuard sottolineava del lavoro di Lanzi che “s’egli vi ammette ancora qualche artista del 3° Ordine si è perché egli crede utile ed anche necessario per discernere i loro quadri sovente confusi con altri di un merito superiore dagli amatori poco intelligenti”18. In tale prospettiva, ricostruita dagli studi di Barocelli19, possono quindi essere collocati pure i dipinti in esame, ulteriore testimonianza a Parma dell’arte di Brusaferro, se si accetta la problematica attribuzione al veneziano di una delle dieci tele donate nel 1727 da Carlo Panizza al locale Ospedale degli Esposti20. Oggi si conosce di Girolamo Brusaferro una produzione soprattutto devozionale, di cui finora si è dato conto, ma già il contemporaneo Pietro Guarienti ricordava che l’artista “lavorò e lavora con una facilità degna di ammirazione, e comparì in pubblico con suoi dipinti per ornamento di Tempi, e di Palagi”21, notizia poi confermata da numerosi interventi scientifici22.
4. Girolamo Brusaferro, Trionfo di Davide. Trieste, collezione privata.
A una committenza squisitamente laica appartiene un inedito Trionfo di Davide (fig. 4)23, soggetto veterotestamentario ma di tenore tutto profano, degno appunto di decorare un palazzo: lo dimostra la stessa composizione, orchestrata dal colloquio di sguardi tra il giovane eroe biblico, con il colbacco piumato guarnito da un gioiello che pare sottratto a quelli impiegati da Tiepolo per i suoi angeli a Udine, e la suonatrice di liuto alla testa del corteo femminile che accoglie il futuro re d’Israele; accanto a quest’ultima, una fanciulla che suona il tamburello, ricordo lontano (si dovrebbe essere negli anni della pala di Grizzo, nel pordenonese, del 1725) di quella che celebrava, in tutt’altra situazione luministica, il Passaggio del mar Rosso nel 1706. Il “dotto pittore” di Zanetti riecheggia in controparte, classicizzandola alla sua maniera barocchetta, la postura dell’analogo David dipinto qualche anno prima dal giovane Giambattista Tiepolo “tutto spirito e foco”24 e ora a Parigi, al museo del Louvre25: come il geniale collega ma con uno stile affatto diverso, Brusaferro celebra in questa bella tela triestina, ennesima prova di un collezionismo locale di qualità26, il trionfo della giovinezza e della luce ‘soliva’.
1 A. M. Zanetti, Della Pittura Veneziana e delle Opere Pubbliche de’ Veneziani Maestri Libri V, Venezia 1771, p. 431. 2 A. Pietropolli, Gerolamo Brusaferro dipinti e disegni, Padova 2002. 3 V. Bralić, Doprinosi opusu Girolama Brusaferra, “Radovi Inst. povij. umjet.”, 28, 2004, pp. 134-145. 4 Ai quali si devono sommare perlomeno i contributi di R. Pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, II, Milano 1995, pp. 76-86; G. Fossaluzza, Brusaferro, Girolamo, in La Pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, pp. 640-641; R. Lucchetta, Girolamo Brusaferro: precisazioni ed aggiunte al catalogo, “Arte Veneta”, XLI, 1987, pp. 74-88. Per la conoscenza dell’arte di Brusaferro si rivela importante anche A. Craievich, Antonio Molinari, Soncino 2006, ad nomen. 5 Ubicazione ignota. Olio su tela, 100 x 78 cm, lotto 108, tavola XLIX. Il ritaglio schedato a Parigi tra gli anonimi veneziani del XVIII reca il timbro della Documentation Heim-Garac. 6 Pietropolli, Gerolamo Brusaferro…, cit., p. 66 cat. 58: “eseguita nel 1727 in occasione del rifacimento dell’organo”; per un confronto tra le immagini Pallucchini, La pittura…, cit., p. 79 fig. 93. 7 Pallucchini, La pittura…, cit., p. 78. 8 Olio su tela, 90x71 cm, Inv. 99/VII/99. 9 Olio su tela, 90x71 cm, Inv. 97/VII/99. 10 Cfr. G. Cirillo - G. Godi, La Pinacoteca Stuard di Parma, Parma 1987, p. 224 cat. 177-178; F. Barocelli, La Pinacoteca “Giuseppe Stuard”. Il percorso museale, Parma 1998, p. 29; F. Barocelli, La Pinacoteca Stuard di Parma. Gli ambienti storici, le sculture, le incisioni, gli arredi, Milano 2005, p. 25. 11 Che si potebbe fissare grosso modo con la pala per la chiesa veneziana di San Salvador, del 1729, cfr. Pietropolli, Gerolamo Brusaferro…, cit., p. 67 cat. 61 12 Cfr. Cirillo - Godi, La Pinacoteca Stuard…, cit.: il riferimento a Ricci è presente in una schedatura dattiloscritta del 1924. Di un’influenza riccesca per i due dipinti in esame parla anche G. Copertini, La Pinacoteca Stuard di Parma, Parma 1926, p. 69. 13 Cirillo - Godi, La Pinacoteca Stuard…, cit., di seguito vengono poi citati Antonio Bellucci e, in funzione strumentale all’attribuzione proposta, Gregorio Lazzarini. 14 Cfr. Pietropolli, Gerolamo Brusaferro…, cit., p. 239. 15 Pietropolli, Gerolamo Brusaferro…, cit., p. 61 cat. 40: la citazione riguarda la serie di quattro tele con Storie di Giuseppe nella chiesa di Santo Spirito a Spalato. 16 Su un progetto espositivo del 1859. 17 Come recentemente proposto da Barocelli, La Pinacoteca Stuard…, cit., pp. 24-25: in realtà nei documenti riportati dallo studioso pare che sia menzionato solo un dipinto raffigurante Santa Caterina; l’assenza della compagna Sant’Agnese spinge quindi ad avere almeno qualche dubbio su tale possibile identificazione. 18 In F. Barocelli, La Pinacoteca Stuard di Parma, Milano 1996, pp. 14-15. 19 Oltre ai citati precedentemente, si veda inoltre La Pinacoteca Stuard di Parma. Dipinti e disegni antichi e moderni, a cura di F. Barocelli, Milano 2000. 20 Cfr. Pietropolli, Gerolamo Brusaferro…, cit., pp. 49-50 cat. 9; A. Scarpa, Sebastiano Ricci, Milano 2006, p. 271 cat. 363. 21 P. Guarienti, Supplemento all’Abecedario pittorico di P. A. Orlandi, Venezia 1753, p. 300. 22 Cfr. Pallucchini, La pittura…, cit., pp. 85-86; Pietropolli, Gerolamo Brusaferro…, cit.; Bralić, Doprinosi opusu…, cit. 23 Trieste, collezione privata. Olio su tela, 100 x 160 cm circa. Ringrazio sentitamente Matteo Gardonio per avermi mostrato e poi reperito la riproduzione fotografica di questa opera. 24 V. Da Canal, Vita di Gregorio Lazzarini [1732], a cura di G. A. Moschini, Venezia 1809, p. 31. 25 Cfr. per un confronto M. Gemin – F. Pedrocco, Giambattista Tiepolo. I dipinti. Opera completa, Venezia 1993, p. 220 cat. 9: rispetto all’opera triestina il dipinto di Tiepolo è di misure minori (19 x 36 cm). 26 A Girolamo Brusaferro sono state assegnate altre due tele profane triestine, della collezione della comunità greco-orientale, da F. Magani, Il Maestro delle storie di S. Agnese. Un dipinto ritrovato a Trieste, “Nuovi Studi”, 7, 1999, p. 65, attribuzione contestata, dopo il loro recente restauro, da M. Bianco Fiorin, I Greci. Quadreria. Dipinti della comunità greco-orientale di Trieste. Catalogazione completa. Una prima analisi, “Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia patria”, CV-1, 2005, p. 105 cat. 10-11. L’assenza di riproduzioni negli studi citati non permette di esprimere alcun ulteriore parere.
Arte in Friuli, Arte a Trieste N°25 © Edizioni della Laguna
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