Massimo De Grassi
FRANZ VON STUCK TRA MONACO, TRENTO E TRIESTE
Franz von Stuck. Lucifero moderno, catalogo della mostra di Trento, Palazzo delle Albere 10 novembre 2006 - 18 marzo 2007, a cura di SERGIO MARINELLI, ALESSANDRA TIDDIA, Milano, Skira, 2005Allestita in palazzo della Albere, la mostra curata da Sergio Marinelli e Alessandra Tiddia non si presenta certo come la più completa mai realizzata sull'artista monacense, costruita com'è su di un ristretto ma sceltissimo nucleo di dipinti, e su di una più vasta rassegna di disegni e rare immagini fotografiche. Si tratta piuttosto, come scrive nell'introduzione Gabriella Belli - che del MART è la direttrice - di una scelta che "conferma il percorso di ricerca di Palazzo delle Albere, che, come sede di eventi dedicati al XIX secolo, prosegue il suo cammino nella ricognizione degli episodi più significativi espressi dalla cultura della Mitteleuropa". Nel lineare allestimento di Claudio Merz si passano in rassegna alcuni degli episodi chiave dell'intera carriera dell'artista, non seguendo un percorso cronologico ben delineato ma attraversando i temi e soprattutto le tecniche utilizzate dal padre della Secessione di Monaco. Emblematico in questo senso il punto di partenza della prima sezione, motivo ispiratore della stessa mostra: il Luzifer della Galleria Nazionale di Sofia dipinto tra il 1889 e il 1890 e subito acquistato dal principe di Bulgaria. Si tratta, nella parole della curatrice Alessandra Tiddia (p. 151), di una sorta di "dichiarazione esplicita e programmatica di distacco dalla pittura impressionista e dal naturalismo che costituivano i principali orientamenti della scuola monacense, della pittura di storia e della Lederhosenmalerei per rivolgersi alla pittura di idee. Con questo dipinto von Stuck riafferma la sua appartenenza alla corrente simbolista, inaugurata da Böcklin e da Klinger". Dal Guardiano del Paradiso dell'anno precedente, il dipinto che consegna il giovane von Stuck a un'improvvisa notorietà e a una fulminea carriera, il pittore passa a un soggetto che con ottime ragioni è stato sin dall'esordio considerato il suo esatto opposto; ma non solo dal punto di vista strettamente iconografico. Così scrive in catalogo (pp. 121-122) Claudio Risé: "vero e proprio doppio del solare custode delle origini, questo demone assomiglia piuttosto a quello dell'Ahriman che secondo la visione, contemporanea a von Stuck, dell'austriaco Rudolf Steiner, prende forza nella modernità. Potenza spirituale legata al mondo sotterraneo e alla luce bianca dei minerali che vi si trovano [...] Arhriman spinge verso uno sviluppo ipertrofico dell'intellettualismo, del pensiero, ed è il signore della forza fredda e precisa delle macchine da esso concepite. Anche l'angelo-demone di von Stuck è stato, con precisione, identificato come il «fuochista delle macchine». Quei grandi, potenti macchinari che si avviavano a dominare la scena del tempo, sia nella pace, col massimo sviluppo dell'industrializzazione, sia nella guerra, perfetta utilizzatrice del sistema industriale. Questo oscuro angelo, nella posa del pensatore, è il signore del tempo dei Titani di cui parlerà di lì a poco Ernst Jünger, quello il cui protagonista è l'Arbeiter, l'uomo delle macchine, e della mobilitazione totale. Von Stuck sente profondamente, e rappresenta, la contrapposizione tra i due angeli che assicurano la dinamica della "modernità".Tutto questo quindi, ma anche altro, in una sola tela: difficile, dopo una visione così enigmatica e intrigante, ritrovarsi nelle sale di palazzo delle Albere, difficile ritrovare il filo rosso di un percorso linea-re (quello dell'esposizione) e allo stesso tempo sfuggente (quello della pittura del maestro monacense). Per molti versi implementano questa sensazione le sezioni dispiegate nelle sale accanto, dedicate rispettivamente alla villa-atelier-museo di von Stuck a Monaco, documentata da splendide foto d'epoca, e all'immagine dello stesso pittore, ora riprodotta a olio, come nel celebre Autoritratto degli Uffizi, ora nelle molte immagini fotografiche, imprescindibile strumento di lavoro, ora come ibrido tra le due tecniche nell'altro Autoritratto del 1895 in collezione privata, frutto di interventi pittorici su di un supporto stampato. Tutti lavori che contribuiscono a sostenere l'immagine di un artista demiurgo, un Narciso che si autoalimenta del proprio mito e tende a sfuggire a ogni precisa definizione. Le sale successive risolvono in qualche modo i dilemmi, soprattutto quelle dedicate alle opere grafiche - tante e di qualità spesso superba - che riportano, per così dire, sulla terra artista e spettatore. Sono infatti matite, gessetti, chine, acquerelli, incisioni che documentano una prassi continua, un 'lavoro' che ci restituisce un artista completo e tutt'altro che vacuo e 'facilÈ come certi atteggiamenti potrebbero far pensare. Lavoro e sacrificio che tornano tutti interi nella sala centrale, dove si dispiegano alcune delle opere che decretano la fortuna italiana di von Stuck, a cominciare dalla lisergica Oreste e le Erinni della Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, datata 1905, e dai tre fondamentali acquisti operati da gallerie pubbliche alla Biennale veneziana del 1909, dove viene allestita la prima personale italiana del pittore. Per cifre molto considerevoli vengono infatti in rapida successione acquisite Medusa, da parte della Galleria d'Arte Internazionale di Ca' Pesaro e Peccato, entrato nelle collezioni della Galleria "E. Restivo" di Palermo (spiace che quest'ultimo sia stato troppo presto sostituito da una foto per scadenza del prestito), mentre il Civico Museo Revoltella di Trieste si aggiudica Lo scherzo, manifesto tra i più solari e giocosi della mitologia secondo von Stuck. Su questa congiuntura verte anche il saggio di Alessandra Tiddia, che descrive quello straordinario quanto effimero momento di fortuna di pubblico e critica: come annotava nell'occasione Vittorio Pica "la vera e grande attrattiva di questa ottava mostra veneziana". Il catalogo, ben curato e illustrato da Skira si avvale dai nitidi contributi di Sergio Marinelli (Franz von Stuck, l'ultimo. Immagini intorno alla pittura: disegni, incisioni, fotografie), Andreas Strobl (Il disegno come quadro. Von Stuck disegnatore), Alessandra Tiddia (Von Stuck e l'Italia. Un "romano-tedesco" a Venezia), Claudio Risè (Von Stuck, il maestro e le sue passioni) e Regina Heilmann-Thon (Villa Stuck, un giardino pagano a Monaco), oltre che delle puntuali schede e apparati critici di Laura Lombardi, Andreas Strobl e Alessandra Tiddia. Col senno di poi (e dopo una faticosa ma gratificante trasferta in pulmann), si può affermare senza timore di smentita che per gli studenti del corso di Storia dell'arte contemporanea (dedicato in parte sull'artista monacense) sia stato un buon approccio a questo autentico testimone del proprio tempo.
Arte in Friuli, Arte a Trieste N°25 Edizioni della Laguna
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