Leoluca Pasqua
Un precedente incisorio per l'Allegoria dell'Inverno di Antonio Carneo



La lettura dell'opera di un artista è sempre un'esperienza emozionante e lo diventa ancor più, a mio avviso, quando, in mancanza di dati certi appoggiati a supporti documentali, si debba fare riferimento ai caratteri stilistici dei testi figurativi presi in esame.
È il caso di Antonio Carneo, dove alle lacune nelle notizie sull'uomo e sull'artista si sommano problemi recati dalle caratteristiche proprie della sua pittura: estroversa, bizzarra, frequente di evoluzioni e involuzioni, forse il riflesso di un animo travagliato, ma anche testimonianza di uno spirito aperto e attento a captare tutto ciò che in qualche modo potesse stimolare la sua fantasia.
Molteplici sono i riferimenti culturali che affiorano dalle sue opere, ma non per questo possiamo parlare di eclettismo.
Un'attenta lettura dei dipinti, condotta anche attraverso una puntuale analisi tecnica, rivela una personalità dotata di forte temperamento, disposta ad accogliere le esperienze altrui non per semplice gusto del calco, ma per dare alimento alla sua vena creativa. Questa riesce ad amalgamare e rielaborare le più disparate suggestioni tecnico-formali dando vita a uno stile personalissimo e "moderno".
Non sorprende trovare nel ricco bagaglio culturale dell'artista opere incise, che sicuramente, vista la facilità con cui circolavano, poterono giocare un ruolo importante nella creazione di immagini. L'uso di modelli di tal tipo è stato già messo in evidenza dal Ragghianti
1 specialmente per un gruppo di quadretti di soggetto pastorale dove lo studioso individuava chiari riferimenti alle stampe del Bloemaert.

 

2. Antonio Carneo, Allegoria dell'Inverno. Udine, Museo Civico.


Quanto detto si ripresenta in maniera sorprendente in un'altra opera assai celebre del pittore friulano. Si tratta del dipinto raffigurante l' Allegoria dell'Inverno (fig. 2) conservato nel Museo Civico di Udine. La monumentale figura del vecchio in primo piano è illuminata da una forte luce proveniente dalla sua destra che, nel creare giochi di luci e ombre, ne accentua la possente muscolatura. Il dipinto si caratterizza per la compattezza e l'omogeneità delle stesure pittoriche e per l'uso di una tastiera cromatica ridotta, dove la preferenza è accordata alle tonalità fredde che in qualche zona lasciano spazio a lievi accensioni di colore.
L'atletica figura potrebbe far pensare a una discendenza dal gigantismo del Pordenone, a sua volta di radice michelangiolesca, ma assai pertinente appare il richiamo a una fonte precisa che il Carneo probabilmente poté vedere e usare come modello.

 

1. Giacomo Caraglio, Diogene. Firenze, Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi.

 

3. Ugo da Carpi, Diogene. Vienna, Accademia Albertina.

 

Si tratta di un'incisione di Giacomo Caraglio raffigurante Diogene (fig. 1) o fors'anche dell'altra di eguale soggetto di Ugo da Carpi (fig. 3): entrambe eseguite negli anni venti del Cinquecento da un disegno perduto del Parmigianino2. Le incisioni interpretano effettivamente quella cifra stilistica lineare che è propria del pittore emiliano, tanto agevolmente disponibile alla traduzione incisoria.
Il confronto con tali testi incisi mette in evidenza nel dipinto del Carneo somiglianze sia nell'impostazione del corpo con quel moto rotatorio che rende instabile la figura, sia nei tratti anatomici del viso e nei riccioli dei capelli e della barba dove le affinità sono ancor più evidenti.
La presenza di influssi manieristici, attraverso il veicolo incisorio, nell'arte di Antonio era stato intuito dal Geiger già nel 1940, quando collegava la forza e l'impeto della pittura del Carneo a suggestioni dei manieristi nordici e italiani
3. Quanto qui rilevato sembra recare una conferma all'intuizione dello studioso tedesco. La scelta di assumere alla base di un proprio testo pittorico un soggetto così originale va probabilmente al di là, come credo, della semplice simpatia dell'artista per i tipi di vecchi barbuti, tante volte protagonisti delle sue opere; poiché appare motivata, invece, da ben precise scelte tecniche. Quelle linee brevi e spezzate che nelle incisioni modellano l'anatomia e ne restituiscono visivamente anche i particolari, quei segni virgolati che contribuiscono a rendere viva e vibrante l'atmosfera, hanno trovato piena corrispondenza nel fare pittorico di Antonio, che in questo caso supera il proprio modello culturale con l'uso sapiente del pennello rivelando con ciò la padronanza assoluta dei propri mezzi espressivi.
Ringrazio quanti mi hanno aiutato in questo lavoro. Un ringraziamento particolare va al professor Franco Renzo Pesenti, al professor Giuseppe Maria Pilo e alla dott.ssa Pierangela Quaja.

 

 

Leoluca Pasqua

 


1 C.L. Ragghianti, Noterella sul Carneo, in "Le Arti" 1940-41, pp. 452-462.
2 M. Pittaluga, L'incisione italiana nel Cinquecento, Milano 1929, pp. 171-179, 236-240.

3 B. Geiger, Antonio Carneo, Venezia 1940, p. 42.
 

 

 

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