Lanfranco Ravelli

Un pendant di Nicolò Bambini

 

 

1.  Nicolò Bambini, Ratto di Elena. Collezione privata.

 

2. Nicolò Bambini, Ratto delle Sabine. Collezione privata.


Tra i pittori cui la critica, da tempo, rivolge particolare attenzione, figura senz'altro il veneziano Nicolò Bambini (1651-1736). L'interesse intorno a un artista che, presso i contemporanei, godeva di «notevole fama» al punto da essere corteggiato «per possedere qualche sua opera», è andato, negli anni, crescendo vigorosamente attraverso il contributo di notevoli studiosi: Egidio Martini (1964 e 1982), Francesca D'Arcais (1967), Giuseppe Maria Pilo (1976, 1982 e 1985, Bernard Aikema (1986 e 1998), Roberto Radassao (1998, primo studio pressoché monografico), Feliciano Benvenuti (1998). Citiamo, infine, il catalogo della vendita dei dipinti di Tiepolo e Bambini conservati a Palazzo Sandi a Venezia, avvenuta a Milano nel maggio 2006. Bambini «non era, non è un pittore secondario». La presente nota, che illustra un inedito pendant dell'artista, intende, tra l'altro, dimostrare che l'asserzione del critico è assolutamente condivisibile. Il pendant, in cui sono raffigurati Il ratto di Elena e Il ratto delle Sabine (figg. 1, 2), mostra un livello compositivo e uno splendore cromatico sorprendenti e in tutto degni dei massimi pittori operanti a Venezia tra il XVII e il XVIII secolo. Il tema del rapimento è amatissimo dall'estetica secentesca, perché consente di esprimere toni drammatici e di esaltare il movimento e la tensione dei corpi. Uno studio operato da Feliciano Benvenuti nel 1998, in occasione della presentazione di un dipinto recante un Ratto delle Sabine, ha messo in luce le ascendenze pittoriche del veneziano: gli artisti del Quattrocento, poi nel secolo successivo Polidoro da Caravaggio e nel Seicento Pietro da Cortona. Quest'ultimo, nella grande tela con Il ratto delle Sabine, oggi alla Pinacoteca Capitolina, si è ispirato, segnatamente per il chiaroscuro, allo stesso soggetto dipinto da Polidoro sulla facciata di palazzo Milesi in via della Maschera d'Oro a Roma. In effetti, benché Bambini, durante il soggiorno romano, abbia studiato a fondo i maestri antichi, il punto di riferimento per le sue numerose versioni del Ratto delle Sabine è senza alcun dubbio il quadro di Pietro da Cortona, in cui, accanto a una mirabile sintesi delle proposte polidoriane, si realizza un felice rapporto tra i primi e i secondi piani, arricchiti da monumenti e da un fondale con paesaggio boscoso. Un mondo variegato cui attingeranno molti artisti, a cominciare da quel Luca Giordano che pare rivivere in molte opere di Nicolò Bambini.
 

      

       3.  Nicolò Bambini, Ratto di Elena, particolare. Collezione privata.

 

4.  Nicolò Bambini, Ratto delle Sabine, particolare. Collezione privata.

 

Tornando allo splendido pendant, va sottolineato che i due dipinti appartengono al periodo più fulgido del veneziano: lo attestano il vivacissimo cromatismo, attraversato in più punti da toni di aerea delicatezza, l'accostamento del bianco al blu nell'abito indossato da Elena (fig. 3) e da una donna sabina (fig. 4), e il motivo serpentinato del panno di Elena, solcato da stupefacenti tratti di blu. Quest'ultimo costituisce, per così dire, l'indizio autografo dell'autore: esso compare, infatti, in un altro importante lavoro, Ercole e Onfale, reso noto da Martini nel 2006. Evidentissime sono, poi, le analogie con altre opere: a esempio, il volto di Elena (fig. 1) è ripreso nella Parca che compare sulla sinistra all'interno della tela illustrante Le tre Parche, pubblicata sempre da Martini. Il disegno, animatissimo, delle mani delle Sabine e dei soldati romani riecheggia in altre versioni dello stesso soggetto come quelle rese note da Radassao. Anche i monumenti classicheggianti (vedasi il Pantheon) che si ammirano nel Ratto delle Sabine (fig. 4), rimandano ad altre versioni dell'episodio realizzate dall'artista. Tratto autografo di Nicolò Bambini è, inoltre, il blu terso del cielo macchiato di nuvole bianche: in particolare, nel pendant in oggetto (fig. 2), la colorazione del cielo dialoga con i toni chiari delle architetture dipinte e con i verdi delicati delle piante.


Chiudendo queste brevi note, non possiamo che sottolineare come la pittura di Nicolò Bambini non cessi di stupire: essa oscilla sapientemente tra il registro barocco e antibarocco, sfuggente a ogni pretesa catalogazione e temperata alla luce dello splendore cromatico della cultura coloristica lagunare.

 

 

Lanfranco Ravelli

 

 

 

ARTE Documento N°23   © Edizioni della Laguna

 

 

P.S.: Nel testo corrente sono state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.