Laura Muti

Un San Sebastiano soccorso da due angeli della prima maturità del Guercino

 

 

 

1. Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino, Cristo morto compianto da due angeli. Londra, National Gallery.

 

"Quà vi è un giovane di patria di Cento, che dipinge con somma felicità d'invenzione. È gran disegnatore, è felicissimo coloritore: è mostro di natura, è miracolo da far stupire chi vede le sue opere. Non dico nulla: ei fa rimanere stupidi li primi pittori...". Le parole di Ludovico Carracci scritte in una lettera del 25 ottobre 1617, pubblicata per la prima volta da monsignor Bottari nel Settecento, sono quanto mai esplicite nell'esprimere incondizionata ammirazione per il talento del giovane Giovan Francesco Barbieri e per gli affascinanti esiti della sua arte. Una seduzione che scaturisce, in forza della sua grande originalità, dall'amalgama sapiente delle sue gamme cromatiche, da quella sua irraggiungibile, irripetibile capacità di dar forma al colore, distaccandosi in ciò dal solco più stringente della tradizione pittorica bolognese.

Un "mostro di natura", un outsider che rifugge ogni suggerimento diretto, ogni leit-motiv scontato, che capta, metabolizza e rielabora in modo spontaneo, orientando il proprio passo verso vette inesplorate, mai sondate da altri, alla ricerca di una dimensione personalissima dove arte e vita, sogno e realtà si fondono dolcemente insieme, come accade per quei suoi stupefacenti colori. Uno stacco così ampio e così netto da far smarrire le coordinate della sua formazione, da fare di lui un geniale autodidatta sorretto da più input, le cui prove, appunto, saranno, per l'intelligenza critica di Ludovico Carracci, quanto di più nuovo e sorprendente si potesse ammirare nelle città di Ferrara e di Bologna, in quel lontano 1617. Eppure, vi è qualcosa nell'arte del Barbieri che filtra dal più anziano Ludovico, da quella sua pala raffigurante la Madonna col Bambino, san Francesco, san Giuseppe e committenti, conservata a Cento, che certamente influenzò il più giovane artista fornendogli le prime, forse più antiche suggestioni. Un forte, indelebile ricordo coniugato alle esperienze ferraresi dello Scarsellino e del Bononi, e poi a quelle venete, fondamentali per la costruzione stessa del linguaggio espressivo del Guercino. Proprio nel 1617, quando Ludovico Carracci non lesina entusiasmo per la prodigiosa abilità del Guercino, questi esegue una prima versione del San Sebastiano soccorso da due angeli, dipinto su rame e conservato, fino a tempi recenti, a Sudeley Castle: un'opera di piccole dimensioni che mostra, però, quanto "... sofisticati fossero divenuti a quella data i metodi compositivi e di illuminazione del Guercino". Dopo il viaggio a Venezia del 1618, l'artista dà vita a una serie di opere di crescente, magica bellezza, come il Cristo morto compianto da due angeli, oggi conservato alla National Gallery di Londra (inv. n. 22), avviandosi, così, a inaugurare la fase più alta e inimitabile della sua pur sempre luminosa carriera. Un momento straordinario, questo, durante il quale l'artista sarà capace di plasmare veri capolavori dove la luce, attraverso un raffinato gioco chiaroscurale, diviene tramite stesso al sostanziarsi delle immagini che - immerse nella perenne vibrazione della 'macchia' e nei sulfurei vapori del colore - si caricano di vitale lirismo e di umana poesia.

 

2. Giovan Francesco Barbieri, detto il Guercino, San Sebastiano soccorso da due angeli. Collezione privata.

 

Così accade per le opere migliori, così per il brano di rara, sorprendente bellezza qui presentato per la prima volta: un San Sebastiano soccorso da due angeli, eseguito dal Guercino, verosimilmente, nel 1618 circa. Tornato alla luce recentemente, il dipinto apparteneva, fino a poco tempo fa, a una collezione svizzera e non era noto agli studi riservati all'artista di Cento. Un San Sebastiano "... che guarda all'insù, ed un mezz'angelo che gli appare nelle nubi..." è ricordato da Gaetano Atti, nel volume dedicato alla Vita e alle opere di Gianfrancesco Barbieri...; in precedenza lo stesso, fortunato soggetto era stato fonte d'ispirazione per G.B. Pasqualini che, nel 1623, vi aveva tratto una nota incisione.

Un'iconografia di felice realizzazione e di particolare successo, dimenticata solo dal Malvasia che omette di citarla nella sua Felsina Pittrice, ma che non sfugge alle più attente ricognizioni volte ad indagare l'attività del pittore centese. Sottratto all'oblio, il San Sebastiano soccorso da due angeli, qui presentato, manifesta una qualità pittorica tale da potersi agevolmente considerare una replica autografa di raffinata eleganza, una rivisitazione di un tema di notevole successo realizzato dal Guercino con maggior vigore e potenza espressiva della più fragile e meno matura prima versione già a Sudeley Castle. Rispetto a quest'ultima, la presente tela palesa delle leggere differenze che ne valorizzano l'esito finale. Sottili sfumature che, nella pur sempre grande difficoltà di tradurre in parole le percezioni visive, possono indicarsi nella resa più morbida e plastica delle vesti dell'angelo, a sinistra del santo, con particolare riguardo alla fascia ritorta - sapientemente colta nella piena volumetria - che orna la tunica giallo ocra; nella più accurata definizione anatomica del volto, delle gambe e dei piedi del martire, tale da riproporre con più fine dettaglio naturalistico i minimi particolari, e infine nella più efficace modellazione chiaroscurale di tutta la composizione, sospesa e rappresa nei sempre mutevoli e vellutati giochi di luce e di ombra. L'accostamento di questo San Sebastiano soccorso... ad altre opere del Barbieri eseguite nel 1618 è immediato: basta passare in rapida rassegna alcuni dipinti, come il San Pietro che resuscita Tabita, della Galleria Palatina di Firenze, il San Pietro che riceve le chiavi da Cristo, della Pinacoteca Civica di Cento, oppure Et in Arcadia Ego, della Galleria Nazionale di Palazzo Corsini di Roma, per rendersi conto di quanto stringenti siano le caratteristiche stilistiche che accomunano le menzionate tele alla nostra. Ma ancor più straordinarie sono le affinità della tela, qui resa nota, col Cristo morto compianto da due angeli del museo londinese sottolineate dalle medesime inflessioni linguistiche e dalla stessa potente forza espressiva, così da poterne ritenere prossima l'esecuzione e analogo il sorprendente risultato finale. Il tessuto pittorico è caratterizzato dalla stessa pennellata fluida, toccata con estrema sicurezza e stesa con identica gestualità: il colore domina entrambe le composizioni, plasma le forme, le impreziosisce con sottili tocchi di bianco, pagliuzze di luce brillanti e luminosissime, per consegnarci due rari e fragranti capolavori della prima maturità del Guercino, partoriti dalla spontaneità di un pennello che coniuga mirabilmente atto a volontà, tensione a umana passione con inimitabile, impareggiabile forza creativa.

A conclusione dell'articolo desidero ringraziare il professor Egidio Martini per gli amichevoli consigli che mi ha offerto, mettendo a mia disposizione la sua profonda conoscenza della materia e l'impareggiabile conforto della sua vasta esperienza visiva. Un grazie, altresì, al professor Giuseppe M. Pilo per aver accolto l'articolo nella rivista da lui diretta.

 

 

Laura Muti

 

 

P.S.: Nel testo corrente sono state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.

 

 

 

ARTE Documento  N°10                                                                     © Edizioni della Laguna