"Quem quaeritis":
origine del dramma liturgico
Paola Cavan
1. Le Marie al Sepolcro, miniatura del XII secolo dal Liber
Responsalis di San Gallo, San Gallo Stiftsbibliothek (ms 391, f 33).
Il teatro sacro del Medioevo
nasce nella Chiesa e dalla Chiesa. Le navate e l'altare rappresentano la sua
prima scenografia, i chierici sono autori e attori delle storie bibliche messe
in scena e i fedeli, infine, sono i suoi primi spettatori. Questo fatto non
sorprende se ci si sofferma sull'intrinseco carattere drammatico del rito
cattolico. E' sufficiente pensare alla suggestiva teatralità immanente
nell'ufficio liturgico dell'ultima cena per comprendere il fenomeno, peraltro
quasi paradossale, attraverso il quale dalla liturgia cristiana si stacca il
germe da cui nascerà - verso la metà del XIII secolo - il teatro sacro vero e
proprio, totalmente emancipato dall'influsso ecclesiastico. Il momento base di
questo processo - che porterà a una progressiva e spontanea drammatizzazione dei
testi canonici letti durante le funzioni religiose - è l'uso inaugurato in
alcuni monasteri francesi, intorno alla metà del X secolo, di manipolare le
letture tratte dai Vangeli. Queste vengono cantate inserendo delle parole nei
vocalizzi finali - definite Traineés de Notes, Sequelae o
Jubili, o più generalmente con il termine "tropo" (dal latino tropus
che ha il significato di verso) - per aiutare la memoria dei cantori. Notker il
Balbo (840-912) monaco di San Gallo, con una lettera indirizzata al vescovo di
Vercelli Liutwardo, premessa al suo Liber Sequentiarum (libro delle
sequenze, cioè delle modulazioni melodiche), offre un documento molto
interessante al fine di individuare la nascita del "tropo": "...ogni modulazione
del tuo canto deve corrispondere a una sillaba...". In questa lettera vi è
testimonianza della fase nascente dei "tropi" all'interno del monastero di San
Gallo, dove tra l'altro, si trovano monaci, il cui talento letterario e musicale
è noto, come Notker e Tutilone. Ed è proprio quest'ultimo che, rimaneggiando il
testo romano dell'ufficio notturno della Pasqua, che narra la visita al Santo
Sepolcro delle tre Marie e l'annuncio dato dall'angelo dell'avvenuta
Resurrezione, dà vita a un vero e proprio dramma che rappresenta un'innovazione
rispetto alle letture liturgiche ufficiali. E un dialogo in quattro versi, che
di norma viene recitato dai canonici durante l'introito della messa di Pasqua, e
in cui tre sacerdoti che interpretano le tre Marie s'incontrano con un quarto
che, fermo accanto all'altare, sostiene il ruolo dell'angelo.
It(em) de resur(ectione)
DNI (= Domini) INT (= interrogatio): Quem quaeritis in sepulchro (,) christicole?
R(esponsio) lesum Nazarenum crucifixum (,) o caelicole (,)
Non est hinc (,) surrexit (;) sicut praedixerat (;) ite (,) nuntiate quia
ressurexit de sepulchro(.)
Chi cercate nel sepolcro, o
fedeli di Cristo?
Noi cerchiamo Gesù di Nazareth crocifisso, o abitatori del cielo.
Non è qui: risorse, così come aveva predetto; andate ed annunziate che è risorto
dal sepolcro.
Il dialogo si conclude con
l'intonazione del Te Deum da parte di tutta l'assemblea.
Successivamente, la cerimonia del Quem Quaeritis viene spostata
dall'introito della messa pasquale alla fine del "mattutino" dello stesso
giorno, e qui trova un terreno fertile per una crescita drammatica.
Testo e musica del Quem
Quaeritis di San Gallo (830 c.). Wickham G. The medieval theatre,
Cambridge, 1966.
Le brevi battute traggono ispirazione rispettivamente da passi dal Vangelo di
san Luca, di san Marco e di san Matteo. L'uso dei termini intercalari come "christicolae"
e "caelicole", ma soprattutto della forma interrogativa "Quem
quaeritis in sepulchro", che non si trovano in nessuno dei quattro Vangeli
autentici, attesta in maniera evidente l'intenzione di drammatizzare l'evento
della resurrezione per rendere più leggibile l'avvenimento agli occhi dei fedeli
a cui il latino suona come una lingua straniera.
Già dalla fine del IX secolo si diffonde rapidamente anche il "tropo" della
"Natività" (officium pastorum) costruito sul modello del "Quem
quaeritis" che viene recitato dai canonici durante l'introito della messa di
Natale.
"Quem quaeritis in
praesepe pastores, dicite?
Salvatorem Christum, Dominum infantem pannis involutum"
Con queste drammatizzazioni
dei testi liturgici, i fedeli assiepati nelle navate laterali delle chiese, per
la prima volta vedono i canonici compiere dei 'gesti' nuovi. I singoli cantori
che interpretano i personaggi biblici abbandonano i loro stalli nel presbiterio
e avanzano verso l'altare cercando di assumere le caratteristiche dei personaggi
di cui cantano le parole.
E' importante sottolineare la primaria importanza del coro dei chierici del
capitolo che interviene sempre nel dramma liturgico esprimendo la vox populi,
oppure per cantare i ritornelli.
La 'tropizzazione' dei testi liturgici si diffonde ben presto in tutti i
monasteri benedettini europei e nelle chiese basilicali e cattedrali, acquisendo
via via caratteri sempre più realistici, come ci testimonia lo straordinario
documento contenuto nella Regularis Concordia, in cui il benedettino
inglese Ethelwold, abate di Abingdon nel 954, dopo una premessa che ne illustra
il fine pedagogico, descrive la cerimonia del "Quem quaeritis" secondo la
pratica in uso:
"Pour célébrer en cette fête la mise au tombeau de Notre Sauveur et fortifier
la foi du vulgaire ignorant et des neophytes, en imitant le louable usage des
certains religieux., nous avons décidé de la suivre... Dans une partie de l'autel
où il y aura un creux, soit disposée une imitation du Sépulcre et qu'un voile
soit tendu tout autour.. Que s'avancent deux diacres portant la croix et qu'ils
l'enveloppent dans un linceul, puis l'emportent en chantant des antiennes...
Jusqu'à ce qu'ils parviennent au lieu du Sépulcre et y déposent la croix come si
c'était le Corps de Notre Seigneur qu'ils ensevelissaient... Que, dans ce même
endroit, soit gardée la Sainte Croix jusqu'à la nuit de la Résurrection... Au
jour saint de Pâques, avant matine, les sacristains enlèveront la croix pour la
placer dans un lieu approprié. Tandis que se récite la troisième leçon, quatre
moines s'habillent, dont l'un, revêtu d'une aube, entre, comme occupé d'autre
chose et gagne secrètement le Sépulcre, où, tenant en main une palme, il s'assied
silencieux, au troisième réponse, surviennent les trois autres, enveloppés de
dalmatiques, portant l'encensoir, s'approchant pas a pas du Sépulcre, à
la façon de ceux qui semblent perdus et cherchent, qu'il entonne à voix sourde
et douce le Quem Quaeritis (qui cherchez-vous); celui-ci chanté jusqu'à la fin,
les trois répondent à l'unisson: "Jésus de Nazareth". Et il leur est répliqué:
"il n'est pas ici; il est ressuscité, comme il l'avait prédit. Allez et annoncez
qu'il est ressuscité d'entre les morts". Obéissant alors à cet ordre, que les
trois moines se retournent vers le choeur, disant: "Alleluia, Le Seigneur est
ressuscité". Ceci dit celui qui est assis leur récite cette fois, comme pour les
rappeler, l'antienne: "Venez et voyez le lieu", et, ce disant, il se dresse,
lève le voile, leur montre le lieu privé de la croix et où ne restent que les
linges dans lesquels celle-ci avait été enveloppée: Ayant vu ce-la, ils déposent
dans le même sépulcre les encensoirs qu'ils ont apportés, prennent le linceul,
l'étendent vers le clergé, comme pour montrer que le Seigneur est ressuscité,
puisqu'il n'y est pas enveloppé et ils chantent l'antienne: "Le Seigneur est
ressuscité du Sépulcre", plaçant ensuite le linceul sur l'autel. L'antienne
terminée, l'abbé, se réjouissant du triomphe de notre Roi qui, avant vaincu la
mort, ressuscita, entonne l'hymne.: "Te Deum Lauda-mus" et, dès qu'il a commencé,
toutes les cloches sonnent à la fois."
L'elemento decorativo più rudimentale del dramma liturgico è l'altare principale
del coro. Spesso l'altare viene chiuso tutt'intorno da tendine in modo da
consentire agli angeli di svelare il sepolcro (Quem quaeritis) e alle
"ostetriche" di aprire la capanna e mostrare Gesù ai pastori (officium
pastorum). Nelle chiese che ne sono dotate, è la cripta a rappresentare il
sepolcro. Di solito questa si trova al centro del coro e conserva le spoglie del
santo cui è dedicato l'edificio oppure è la tomba di qualche grande dignitario.
E qui che, scesi alcuni scalini, si dirigono gli angeli e dopo essersi
assicurati della sparizione di Cristo, attendono l'arrivo delle Marie. Il
rispetto verso coloro che dominano il cielo, fa sì che questi siano sempre
collocati a un livello più alto rispetto al luogo in cui si svolge l'azione.
L'architettura della chiesa stessa offre la soluzione a questa esigenza scenica.
Infatti i matronei che corrono sopra le navate laterali rappresentano la sede
ideale per ospitare personaggi celesti. E importante sottolineare che anche
quando l'azione del dramma liturgico si sposta lungo la navata centrale
("strada" percorsa dalle tre Marie), o nelle navate laterali (dalla metà del XIV
secolo il sarcofago del Santo Sepolcro trova la sua collocazione permanente
nella navata nord della chiesa), essa resta comunque legata e sottoposta ai
canoni d'orientamento medievali.
"De même le Levant est à la fois la direction de Jérusalem et du Paradis
opposée au Couchant, zone des ténèbres. C'est l'orientation respectée par la
plupart des églises qui situent le choeur à l'Est, le porche à l'Ouest; mais l'Ouest
est aussi con-sacré dans l'église carolingienne à l'Empereur ou au Sauveur, et
dans l'église romane à Saint-Michel... Nous avons étudié cette utilisation du
porche et du massif Ouest de l'église en comparant les diverses représentations
du Paradis. Constatons que la valeur maléfique de l'Ouest n'est pas
généralisable à l'ensemble des systèmes symboliques. Lorsqu'on pénètre dans l'église
on a le Nord à sa gauche et le Sud à sa droite. La valeur négative du Nord, zone
du froid, est ainsi confirmée par sa situation à gauche. A partir du XI siècle
l'Evangile est chanté face au Nord, car c'est la zone des démons qu'il s'agit de
conjurer; fonds baptismaux et baptistères sont généralements situés à gauche de
l'église là où l'on soustrait le baptisé au démon. Le Nord est ainsi un doublet
de la gauche et de l'Ouest dans la représentation de l'Enfer, mais c'est aussi
plus simplement la zone du froid et de la mort et sur les scènes vectorisées
c'est là que se trouve le tombeau de Lazare."
Les Trois Maries au
Tombeau, manoscritto proveniente dalla biblioteca di Reichenau (XII secolo),
Cohen G., Le théâtre en France au moyen âge. Paris 1928.
Infatti, il luogo d'azione del dramma liturgico consiste nella chiesa stessa
strutturata secondo un'asse ovest-est che va dal portico, quando c'è, al coro,
il cui valore simbolico restituisce all'edificio il suo fondamento cosmico.
Inoltre, gli officianti che rivestono i ruoli dei personaggi sacri non fanno
altro che riportare in vita, riattualizzare le vicende dell'avventura cristiana
attraverso una partecipazione sentita e attiva che nulla ha a che vedere con il
fenomeno d'impersonazione presupposto dall'attività artistica. Se la cattedrale
accoglie i fedeli non è per far loro assistere a uno spettacolo, bensì per
renderli partecipi di un officio rituale che viene drammatizzato appositamente
per essere intelleggibile agli occhi del popolo.
Queste brevi note sulle cerimonie drammatizzate dell'alto medioevo francese
risulterebbero sicuramente incomplete senza una breve considerazione sull'usanza
vigente in molti monasteri e chiese collegiate - chiaro retaggio di riti pagani
precristiani - di affidare nei quindici giorni successivi al Natale la
celebrazione delle festività ai membri del clero minore. La cerimonia del giorno
di Santo Stefano viene affidata ai diaconi; la festa dei Santissimi Innocenti
(28 dicembre) ai ragazzi del coro e la festa della Circoncisione (il primo
gennaio o alternativamente il 6 o il 13 gennaio) ai suddiaconi.
Canonici, monaci e ragazzi del coro sono i primi inconsapevoli attori di questo
dramma. Di norma, il vescovo e i canonici di grado più elevato interpretano i
personaggi più importanti. Agli ecclesiastici di grado inferiore, invece, sono
riservati i ruoli più umili quali quello dei pastori, dei servitori, o, più
spesso, vengono utilizzati come comparse. In mano, in modo da poter leggere le
battute e le frasi che devono cantare, rigorosamente in latino, essi tengono l'Ordinaire,
un piccolo libretto in cui sono descritti tutti gli uffici, dove spesso sono
indicate le parole iniziali dei "tropi" più conosciuti. Ben presto, nel
tentativo di rendere la drammatizzazione in modo sempre più veritiero, i
rappresentanti del capitolo permettono l'utilizzo di vesti ecclesiastiche: così,
i monaci che rivestono il ruolo delle tre Marie nella drammatizzazione del
Quem Quaeritis, indossano dalmatiche e piviali bianchi e in testa mettono
l'amitto. I ragazzi del coro, inizialmente, sono vestiti con un'alba, un
semplice abito bianco che, piano piano, viene arricchito con l'applicazione di
ali finte e da una mitra. In questi modi, l'istinto drammatico già presente
nella liturgia ecclesiastica, suffragato dalle intenzioni apologetiche e
didattiche della Chiesa, si dà sempre più libero sfogo fino al crearsi, quasi,
di una competizione tra chi riesce meglio ad affascinare i fedeli. E, nel
medioevo, questo si misura dai pianti o dalle risa che si alzano dalle navate.
Per completezza
d'informazione si sottolinea che, in merito alle origini della teatralità
religiosa medievale, l'acquisizione più recente è quella di E. Drumbl, il quale
individua la nascita del Quem Quaeritis nel monastero di Fleury, oggi St.
Benoitsur-Loire, non come "tropo", vale a dire come canto introduttivo al primo
canto della messa, bensì come una cerimonia liturgica concepita secondo certe
caratteristiche tradizionali e altre innovative, creata nel 930 in occasione di
una riforma monastica a opera dell'abate ()donc per far fronte a precise
esigenze di culto. Questa cerimonia si differenzia da altre simili per la
spiccata funzione "stazionale" dell'altare maggiore. L'esecuzione del Quem
Quaeritis di Fleury a opera dei diaconi e dei cantori si svolge presso
l'altare, quasi si trattasse di una statio liturgica del tutto normale.
Contrariamente all'uso tradizionale la stazione non è prescritta semplicemente
dalle rubriche che regolano l'andamento della cerimonia. In questo caso la
stazione viene creata, per così dire, per mezzo della parola, nel momento in cui
i cantori si riferiscono all'altare conferendogli il valore di Santo Sepolcro. E
proprio questo tratto della stazione liturgica che non è stazione, pur
svolgendone la funzione, e che necessita pertanto della parola, a conferire al
Quem Quaeritis quell'indole di alterità rispetto alla grande massa di
canti e cerimonie liturgiche latine, che è la causa della sua valutazione
moderna come dramma.
'Come ci dice Linthilac "... le scuole collegiate delle cattedrali non erano
chiuse di fronte alla cultura e allo spirito laico. Accanto ai novizi che il
clero istruiva per autoalimentarsi, queste scuole ospitavano anche degli
studenti veri e propri che venivano per ricevere un insegnamento e poi
rientravano nel mondo come avvocati, medici, notai. Ma non solo. Infatti vi
approdavano anche i chierici vaganti, o Goliards, reporters
ufficiali di tutte le beffe e le canzonature del mondo monacale, veri e propri
giullari della Chiesa per i quali la tonsura era, malgrado tutte le
interdizioni, l'amnistia e il passaporto per tutta la cristianità..."
Paola Cavan
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