Ugo Ruggeri

 

Nuove opere di Niccolò Cassana

 

 

La figura di Niccolò Cassana è stata oggetto, negli ultimi anni, di ricerche assai puntuali e acute, che hanno avuto origine dalla pubblicazione delle lettere a lui indirizzate dal gran principe Ferdinando di Toscana, rese note dal Fogolari.

Ai contributi del Chiarini, della Zava Boccazzi, del Moretti e di altri studiosi che hanno fatto luce su diversi aspetti dell'attività dell'artista, faccio seguito qui con la presentazione di alcune opere inedite, che mi sembra possano portare qualche ulteriore chiarimento sulla sua operosità.

 

1. Niccolò Cassana, Ritratto di vecchia. Ubicazione ignota.

 

Nella cartella degli anonimi veneziani del XVII secolo della fototeca del Kunsthistorisches Institut di Firenze è conservata la fotografia di questo Ritratto di vecchia, con fiori nei capelli (ubicazione ignota). Ne è immediata la restituzione a Niccolò Cassana, per confronto con i due Ritratti femminili già nella collezione Castelli di Venezia, e ora in collezione privata, resi noti dalla Zava Boccazzi. Sono anzi particolarmente cogenti le analogie con il Ritratto di vecchia "in fazziol da fia..." che, insieme al compagno Ritratto di vecchia "con le mani una sopra l'altra", la studiosa propone di datare verso il 1705-1706, con buone argomentazioni.

 

2. Niccolò Cassana, Ritratto di vecchia. Varsavia, Galleria Nazionale.

 

Il dipinto è interessante non solo perché aggiunge un numero inedito al rarissimo settore del "ritratto di genere" cassanesco, ma anche perché conferma i suoi legami con la pittura genovese, o meglio genovese-veneziana', che, accennati dalle fonti, a iniziare dal Ratti, principalmente a proposito del padre di Niccolò, Giovanni Francesco Cassana, sono stati anche reiterati a proposito di Niccolò.

La stessa Zava Boccazzi ha infatti colto nel Ritratto di vecchia "in fazziol da fia..." già nella collezione Castelli, gli stimoli degli esempi di Bernardo Strozzi, non solo nella scelta tematica e figurale, debitrice della Vanitas del prete genovese oggi al Museo Puskin di Mosca, ma anche "nella fluidità della sostanza pittorica, che si presta... ad una speciale ricerca di effetti materici..."; e il riferimento al capolavoro strozzesco del Museo Puskin appare ancora più pregnante nel Ritratto di vecchia qui presentato, al punto che sembra legittimo ipotizzare che il Cassana abbia deliberatamente rifatto, alla moderna, il prototipo dello Strozzi. La tipologia del viso, nel Ritratto del Cassana, è infatti quasi identica a quella della vecchia riflessa nello specchio del dipinto moscovita, che, oggi prevalentemente considerato del periodo veneziano (e infatti forse acquistato a Venezia da Jan Reinst, secondo la Markova), e noto in almeno altre quattro versioni, di discussa autografia, delle quali certamente autografa quella della collezione Modiano di Bologna, fu poi inciso da Jeremias Falck (Danzica 1619 - ca 1677), anche se come opera di Jan Liss, con attribuzione corretta solo nel 1917 da Roberto Longhi. Il prototipo dello Strozzi doveva quindi essere, in qualche modo, a disposizione del Cassana, che dà della Vanitas del prete genovese un'interpretazione più feriale, priva di connotazioni simboliche, e di più acuto naturalismo, secondo la voga di tempi che già avevano conosciuto l'attività di Monsù Bernardo e di Pietro Bellotti; anche se si tratta, naturalmente, di un naturalismo voltato in genere, dove anche le fattezze di un ritratto del resto improbabile in questo caso, visto il collimante precedente strozziano assumono valenza esemplarmente ideale, preludendo alla moda settecentesca delle "teste di carattere" del Piazzetta, del Nazari, del Nogari, del Denner. Il riferimento allo Strozzi, così vivido nel Ritratto qui presentato, e in questo superiore anche alla pur evidente relazione istituita dal Cassana con l'artista genovese nella Cuoca degli Uffizi, - che dipende forse da una redazione veneziana del prototipo dello Strozzi già nella collezione di Giovan Francesco I  Brignole Sale, nel cui inventario del 1683-1684 è citato redazione che può coincidere con il "quadro con una cuoga con diversi polli" elencato nell'inventario dei beni dello Strozzi steso al tempo della sua morte e pubblicato dal Moretti - è meno attivo in un secondo Ritratto di vecchia che ho individuato anni fa, tra gli anonimi, nei depositi della Galleria Nazionale di Varsavia (Inv. M.Ob. 1576, olio su tela ovale, cm 84x65). Il modello dell'effigiata è lo stesso del precedente Ritratto di vecchia, e ancora del Ritratto di vecchia "in fazziol da fia... " già nella collezione Castelli; analoghi appaiono anche gli esiti pittorici, di gusto latamente strozziano, nella manovra dei bianchi e nelle marezzature dei neri della veste. Attenta e icastica l'espressione del viso, anche se risolta secondo una formula poco variata, come sarà poi in Balthasar Denner (se ne veda il Ritratto di vecchia al Kunsthistorisches Museum di Vienna). Che all'origine di tale formula ci sia-no precedenti illustri è facile intuire, ed è provato dal Ritratto di vecchio barbato che accompagna il precedente nello stesso Museo (Inv. M Ob. 1577, olio su tela ovale, cm 83,5x65). In quest'ultimo, infatti, sono immediatamente percepibili i legami con le incisioni di Giovanni Benedetto Castiglione, anche se non è possibile precisare una dipendenza diretta da nessuna di esse. Mentre si confermano così, oltre il rapporto con lo Strozzi, ulteriori relazioni con la cultura genovese seicentesca, è facile risalire, per il tramite del Grechetto, alla radice rembrandtiana delle scelte del Cassana: di Rembrandt incisore, naturalmente, in accordo anche alla larga fortuna fiorentina dell'artista, testimoniata dall'attenzione di Stefano della Bella, dalla biografia del Baldinucci, dal collezionismo delle sue acqueforti nell'ambiente della corte, mentre sembra altrettanto portante la fortuna dell'artista olandese in ambito veneziano, dove tanto Monsù Bernardo quanto Willem Drost divulgano un rembrandtismo che, per quanto prevalentemente orientato sulla "tonmalerei", e quindi almeno in parte diverso dalle scelte coloristiche del Cassana, quale noi leggiamo nelle "teste di carattere" qui presentate, è tuttavia in linea con gli esiti naturalistici del suo fare, anche per le attenzioni del Keilhau al mondo formale dello Strozzi, verificabili a più riprese nella sua opera, e patentemente esibite nella Cena in Emmaus della Galleria Pallavicini di Roma, riconosciuta dallo Zeri come copia di Monsù Bernardo da un originale del prete genovese.

 

3. Niccolò Cassana, Ritratto di vecchio. Varsavia, Galleria Nazionale.

 

Ancora a proposito della Testa di vecchio di Varsavia, sarebbe suggestivo poterne proporre anche una relazione con il Baciccío, il cui Autoritratto oggi agli Uffizi, del 1667 circa, o una redazione símile, poteva forse non essere ignoto al Cassana, ma la sua assenza dalle collezioni medicee nel 1686 - quando il dipinto non è citato nella nota lettera di Filippo Baldinucci sulla raccolta degli autoritratti - e la sua documentazione tarda, in esse, che risale solo al 1723, rende non provata e difficile un'effettiva conoscenza, da parte del Cassana, di tale testo, il cui intelligente rembrandtismo, però, bene si accorda con le scelte operate da Nicoletto nei dipinti qui presentati.

Una collocazíone di essi tra la fine del Seicento - è del 1698 il Ritratto del mercante di Leida Jan Polaert, in collezione privata, reso noto da Aikema, che presenta con i nostri dipinti sensibili analogie, pur nella diversità della materia figurale - e gli inizi del Settecento - sono del primo decennio del secolo gli altri dípinti recati a paragone, oltre che la Nanina e la Cuoca delle Gallerie fiorentine, il secondo citato dal principe Ferdinando in una sua lettera al Cassana del settembre 1707, anch'esse utilmente confrontabili - appare quindi pienamente plausibile.

Mentre la produzione ritrattistica e quella delle "teste di carattere" del Cassana è oggi sufficientemente nota, anche se non così quantitativamente rilevante come la lunga operosità dell'artista potrebbe far supporre, la conoscenza della sua attività come pittore di figura appare legata a pochissime opere.

Se il Baccanale di San Pietroburgo, firmato, pone interessanti problemi di relazione con il fare di artisti quali il Bambini e il Ricci, entrambi legati per vie diverse a Nicoletto, l' Adorazione dei pastori delle Gallerie fíorentine, identificata dal Chiarini che l'aveva precedentemente attribuita a Jan de Momper, è testo troppo problematico per giungere a conclusioni di qualche rilievo. Non del tutto chiarita è anche l'attività di copista del Cassana, che ha comunque nella Congiura di Catilina delle Gallerie fiorentine, tratta da Salvator Rosa, e nel Martirio di san Pietro, oggi ai Santi Giovanni e Paolo a Venezia, due capisaldi incontrovertibili.

Ritengo però che, anche se per via apparentemente indiretta, si possa operare una notevole aggiunta al catalogo del Cassana pittore di figura.

È infatti ben noto agli studiosí di pittura veneziana del Settecento il Giobbe rimproverato dalla moglie già nella collezione milanese del principe Trivulzio, venduto all'asta ad Amsterdam il 29 agosto 1764, passato poi nella collezione Gottfried Winkler (morto nel 1795) di Leipzig, dove recava il nome di Mattia Preti, poi ancora nella collezione Scheufelen di Oberlenningen come opera di Jacopo Amigoni, riconosciuto infine a Nicola Grassi da Hermann Voss, e oggi alla Staatsgalerie di Stuttgart (Inv. nr. 2314), opera incontestabile di Nicola Grassi, come ha confermato il Gallo, probabilmente da datarsi nella sua piena maturità, forse tra il terzo e il quarto decennio del Settecento.

Meno nota è invece l'analoga redazione del Giobbe deriso che si conserva alla Gemäldegalerie di Kassel, anch'essa proveniente dalla collezione Winkler di Leipzig, per la quale Jürgen M. Lehmann, nel suo fondamentale catalogo di tale Galleria, proponendone un'attribuzione al Grassi stesso, ha puntualizzato la dipendenza dalla tela oggi a Stuttgart, notando che l'esemplare di Kassel sembra dipinto da un artista di una generazione più vecchia, operoso intorno al 1700, non estraneo ai modi di Simone Brentana quale si legge nel Giobbe deriso in San Nicolò a Verona, databile poco prima del 1697.

Nella sua importante recensione al catalogo del Lehmann, Eric Schleier ha affrontato velocemente il problema della tela, riconoscendo la plausibilità di una sua dipendenza compositiva dall'esemplare del Brentana, ma osservando che "the style of the Kassel painting is different and its quality is much superior. The sharper, crisper, more articulate modelling points rather to Sebastiano Ricci".

 

4. Nicola Grassi, Giobbe. Stoccarda, Staatsgalerie.

 

Un esame diretto, e temporalmente assai ravvicinato, delle due tele, mi consente di formulare alcune considerazioni. Senza dubbio le due opere sono di mano diversa, e quella di Stuttgart è certamente di Nicola Grassi, mentre la tela di Kassel appare, come giustamente osserva il Lehmann, di un artista più vecchio.

È ovvio, quindi, che Nicola Grassi ha copiato l'esemplare oggi a Kassel, di misure tra l'altro quasi identiche, fortemente interpretandolo in senso estrattivo, edulcorando cioè le asperità naturalistiche che caratterizzano la tela più antica, pur elaborata in una formulazione contegnosa e decente, quale il soggetto richiedeva. È altrettanto certo, a mio parere, che l'autore della tela oggi a Kassel non può essere identificato né in Simone Brentana - la cui opera di eguale soggetto in San Nicolò a Verona è caratterizzata da un'accensione cromatica del tutto diversa - né in Sebastiano Ricci, per chiare e ovvie ragioni di stile, anche se nel dipinto, soprattutto nelle teste virili sulla sinistra, si possono cogliere alcuni legami con il suo fare.

 

5. Niccolò Cassana, Giobbe. Kassel, Staatliche Kunstsammlungen.

 

Mi sembra invece ragionevole pensare a Niccolò Cassana come autore del Giobbe di Kassel: del Cassana, appunto, maestro di Nicola Grassi, come non solo asseriva lo Zanetti, ma come provano altre circostanze, quale la citazione del Grassi come teste, fatta dal Cassana, nella sua querela contro Agostino Lama, del 1705; il completamento, avvenuto nella seconda metà del 1711, del quadro citato nell'Inventario Castelli come "il ritratto d'altre due Mie Figlie fatto dal Cassana, et nello stesso per non esservi più il Maestro, ho fatto fare dal Grassi suo scolare il ritratto del Mio Putelo et della signora Lucia sopra la stessa tela" e come provano infine alcune opere del Grassi giovane, quale la Madonna col Bambino e tre santi della parrocchiale di Cabia di Arta, firmata e datata 1710, il Ritratto dell'abate Varese, in collezione privata, forse anteriore al 1720-1721 come proposto ultimamente dal Rizzi, anche se più tardo del Ritratto di Alessandro Pandolfo dell'IRE di Venezia che il Moretti giudica anteriore al 1712.

Mentre il confronto del Giobbe di Kassel con le citate opere giovanili del Grassi rende certi dell'impossibilità di un'attribuzione del dipinto al Grassi stesso, il paragone con i quadri del Cassana risulta invece, a mio avviso, positivo. Ed è soprattutto la figura femminile a convincere per il riferimento cassanesco: con le differenze dovute soprattutto al mutare dei soggetti, la testa della moglie di Giobbe, nel dipinto di Kassel, presenta notevoli analogie con il Ritratto di vecchia con le mani una sopra l'altra già nella collezione Castelli: simile il naso forte, il mento pronunciato, il nero dei capelli toccati di striature bianche, che torna anche nel trattamento della testa del Giobbe, ma analoga soprattutto la materia pittorica, che nei rossi e nelle sollecitazioni luministiche della parte sinistra pare ancora tributaria di esperienze genovesi, da Rubens a Strozzi, secondo scelte naturali nel Cassana, e presenti del resto anche in altri suoi dipinti delle Gallerie fiorentine, dalla Cuoca, che per la sua libertà di stesura avrebbe fatto impazzire Sebastiano Ricci, come scrive al Cassana il gran principe Ferdinando, alla Nanina della principessa Violante di Baviera, infine al Ritratto di pittore, già ritenuto autoritratto di Salvator Rosa, che nel trattamento pittorico del viso e delle maniche mostra stringenti somiglianze con la figura femminile nel Giobbe di Kassel. Per quanto concerne poi la testa del Giobbe, essa presenta marcate analogie con quelle dei fauni nel Baccanale di San Pietroburgo, dal naso fortemente marcato alla soluzione della bocca semiaperta, al trattamento generale dell'anatomia virile, confortando, mi sembra, l'attribuzione qui avanzata.

Un'ultima circostanza a favore di essa è infine offerta dalla natura morta in primo piano, così diversa da quella del Grassi nella sua copia del dipinto, estremamente riduttiva rispetto al prototipo. La natura morta del Giobbe di Kassel è invece improntata a un naturalismo acuminato, tale da render certi della competenza del suo autore in un campo specialistico nel quale la famiglia Cassana era particolarmente versata, non solo nella produzione di Giovanni Agostino, fratello minore di Niccolò e probabile suo collaboratore in dipinti come quelli fiorentini ora citati, nei quali esegue gli animali, ma anche in quella dello stesso Nicoleto, di cui il Chiarini ha segnalato, sulla scorta dell'inventario, due nature morte appartenenti alle collezioni del principe Ferdinando, purtroppo ancora da identificare.

Senza addentrarmi nell'intricato problema delle nature morte di ambito cassanesco, e della collaborazione di Giovanni Agostino nei dipinti di Niccolò, ancora ben lungi dall'essere risolto, vorrei almeno notare come l'orcio di terracotta sul primo piano del Giobbe di Kassel è caratterizzato da una densità luministica che è analoga a quella dei rami che adornano il fondale della Cuoca degli Uffizi: un elemento ulteriore per l'attribuzione al Cassana del dipinto di Kassel, dal quale Nicola Grassi trasse la copia oggi a Stuttgart, sulla base di un disegno memorativo, o copiandola direttamente dall'esemplare pittorico, che egli poteva certo conoscere direttamente.

Desidero ringraziare, per gli aiuti ricevuti nel corso della ricerca, Katherina Murawska, della Galleria Nazionale di Varsavia, unitamente agli amici e colleghi polacchi che mi sono stati prodighi di cortesie durante quel soggiorno: Jürgen M. Lehmann, delle Staatliche Kunstsammlungen di Kassel; August Rave, della Staatsgalerie di Stoccarda, ospiti egualmente cordiali; Lino Moretti e Ferruccio Mestrovich, per utili scambi di opinioni sul dipinto di Kassel.

La ricerca è stata condotta con un contributo del C.N.R.

 

 

Ugo Ruggeri

 

 

 

P.S.: Nel testo corrente sono state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.

 

 

 

ARTE Documento  N°10                                                                     © Edizioni della Laguna