Gli inganni prospettici nelle rappresentazioni del vedutismo veneziano del Settecento
Camillo Trevisan
Osservando attentamente molti dipinti di Canaletto, Bellotto, Marieschi, Guardi
o Carlevarijs, pur riconoscendo immediatamente i palazzi, i campielli, le
chiese, i canali, le Scuole di Venezia, siamo spesso colpiti da una strana
sensazione: non aver mai visto quegli edifici e quegli scorci della città.
O meglio, non averli mai visti in quel modo. In realtà li conosciamo bene, ma
non li abbiamo mai osservati dal punto o con gli accorgimenti previsti dalla
rappresentazione; sempre che, come spesso accade, gli edifici non abbiano subito
delle ideali traslazioni o rotazioni rispetto alla loro reale posizione. Non
abbiamo mai potuto abbracciare con lo sguardo centottanta gradi del bacino di
San Marco1, né osservare l'intera facciata
delle Procuratie Nuove, contemporaneamente alla chiesa di San Marco e all'ala
Napoleonica2.
Questo breve saggio - di natura essenzialmente didattica - si occupa di queste
rappresentazioni, con l'obiettivo di mettere in luce le loro caratteristiche
peculiari, la loro genesi tecnica e i meccanismi di comprensione e di
restituzione3.
Brevi cenni di prospettiva
Una prospettiva è il risultato dell'applicazione di un apparato di regole
descrittive, costruite in modo tale che, opportunamente disposta la prospettiva
rispetto ad un osservatore, tutti i punti ed i segmenti rappresentati nella
prospettiva stessa si sovrappongono ai loro omologhi reali. Si deve poi
aggiungere che l'osservatore deve guardare la rappresentazione con un solo
occhio e immobile, poiché unico e fisso è il centro di proiezione della
prospettiva (cfr. figura 1 A). In tal senso, e con queste restrizioni, la
prospettiva è pertanto un succedaneo visivo della realtà.
Una fotografia - trascurando le distorsioni ottiche dell'obiettivo - è, a tutti
gli effetti, una prospettiva nella quale il centro di proiezione è posto nel
fuoco dell'obiettivo e la pellicola è il quadro prospettico. Questa osservazione
sarà utile nella fase di comprensione, controllo e restituzione delle
rappresentazioni, potendo verificare rapidamente e con esattezza molte ipotesi
proprio per mezzo della fotografia. Nel farlo, non ci discosteremo poi molto
dagli strumenti a quel tempo probabilmente usati per costruire quelle
rappresentazioni4.
Tuttavia, in una prospettiva o in una fotografia - proprio per la necessità di
essere a sua volta fruita visivamente da un osservatore - non sono verificate
alcune caratteristiche ottiche, per noi del tutto evidenti e comuni. Ad
esempio, noi percepiamo la grandezza degli oggetti osservati come funzione
diretta dell'angolo visivo che li comprende: in una prospettiva la grandezza di
un oggetto rappresentato è invece in proporzione inversa con la distanza
dell'oggetto dal centro di proiezione e di vista (cfr. figura 1 D).
Ancora un esempio: disponendo una serie di cubi, tutti uguali tra loro, alla
stessa distanza dal quadro prospettico, ci si attende di vedere rappresentati i
cubi con le loro facce frontali sempre più piccole, man mano che queste si
distanziano dal centro. Al contrario - e lo dimostra, a maggior ragione,
l'applicazione del teorema di Talete - le rappresentazioni delle facce frontali
mantengono invariata la grandezza: infatti, se, ad esempio, il quadro fosse
appoggiato alle facce stesse, non vi sarebbe nessuno scorcio prospettico e tutte
le facce rimarrebbero della loro grandezza reale. Inoltre, solo in un secondo
momento - quando porremo l'occhio nel centro di proiezione - vedremo le facce
più lontane dal centro anche più piccole, essendo più distanti dall'occhio di
quelle centrali (cfr. figura 1 E).
Queste caratteristiche della prospettiva lineare prendono il nome di aberrazioni
marginali e si manifestano quando l'occhio dell'osservatore non è posto nel
centro di proiezione, unico punto che consente la corretta visione della
prospettiva.
Queste apparenti anomalie costituiscono una delle basi più comuni degli inganni
prospettici introdotti nelle rappresentazioni del vedutismo veneziano del
Settecento.
È inoltre da tenere presente che, per comprendere la geometria degli oggetti
rappresentati in una prospettiva e le loro mutue relazioni di posizione, è
necessario formulare delle ipotesi sulla loro stessa geometria. In altre parole,
la fruizione visiva e la comprensione di una rappresentazione prospettica è
un'azione ricorsiva; nella quale, anche inconsapevolmente, l'osservatore
identifica alcune forme geometriche elementari e alcune giaciture fondamentali
(ad esempio, rettangoli o quadrati e segmenti certamente orizzontali o
verticali), verifica la loro coerenza complessiva, corregge eventualmente alcuni
presupposti e, su quella base, comprende la giacitura e la forma di altri
oggetti rappresentati5.
Gli inganni prospettici
Oltre alle difficoltà appena accennate, la restituzione di una rappresentazione
del vedutismo veneziano è ulteriormente complicata da alcuni espedienti
applicati alle prospettive.
Questi potrebbero essere idealmente separati in due categorie: gli inganni
lievi e quelli invece grevi.
Alla prima classe appartiene, ad esempio, la scelta di porre il punto di vista
in posizione elevata6 oppure poco accessibile ed usuale7 (una finestra o un abbaino, un campanile, una barca, a Venezia molto
comune per gli abitanti ma non per gli stranieri, principali destinatari dei
dipinti); oppure l'uso del grandangolo, estendendo la cornice esterna
della rappresentazione e dunque aumentando l'angolo di vista molto al di là
della nostra capacità fisiologica8.
In tutti questi casi le aberrazioni marginali svolgono dunque un ruolo
dominante, pur se non decisivo.
La rappresentazione sarà certamente osservata non dal corretto punto di vista o
con il giusto angolo di campo e pertanto l'osservatore sarà parzialmente e
temporaneamente ingannato: il ciclo della restituzione visiva, prima di
convergere verso una realtà congruente, dovrà ripetersi più volte, richiedendo
speciale attenzione e, dunque, quasi costringendo l'osservatore ad un'analisi
approfondita ed estesa del dipinto.
Ben più raffinati e di assai più difficile comprensione sono invece i metodi che
abbiamo classificato come pesanti; quasi sleali, se esistesse un galateo della
prospettiva.
Il primo prevede la costruzione di una sorta di panoramica; essendo
adottato, infatti, soprattutto nelle viste d'insieme, come, ad esempio, per il
bacino di San Marco. Mantenendo fermo il punto di vista - spesso elevato di
qualche metro rispetto al terreno o alla quota del mare - si eseguono due o più
prospettive, del tutto normali, ruotando man mano la direzione principale
di vista9. La
rappresentazione finale sarà costruita dalla giustapposizione delle diverse
prospettive, eseguendo dunque un ribaltamento dei quadri prospettici sul piano
di rappresentazione (cfr. figura 2 A-D). In queste rappresentazioni, sono
pertanto presenti più punti principali - uno per ciascuna prospettiva base
- ma un solo punto di vista, con il vantaggio di poter rappresentare gruppi
isolati e distanti di edifici tutti con vista quasi frontale.
Un altro metodo consiste nell'uso di più punti di vista - tipicamente due - ma
di un unico piano di proiezione (cfr. figura 2 E-I). I due punti di vista, posti
di norma alla stessa altezza, permettono di allargare virtualmente la scena -
spesso un angusto campiello - senza introdurre forti aberrazioni marginali ai
lati della rappresentazione10. Un geniale stratagemma, che
costruisce una rappresentazione usando le parti migliori, le più descrittive e
meno scorciate, di due diverse prospettive.
Ciascuno dei due ultimi metodi può essere a sua volta combinato con una o più
d'una delle caratteristiche descritte all'inizio, costruendo in definitiva una
rappresentazione unica, simile ma diversa alle tante altre di soggetto analogo.
Metodi di restituzione
Capire la struttura geometrica e volumetrica di una di queste
rappresentazioni, ritrovarne i punti di vista o le giaciture dei quadri
prospettici, oltre a soddisfare la nostra curiosità, è utile soprattutto per
meglio comprendere la natura stessa della rappresentazione dell'architettura.
Oltre ai tradizionali e collaudati metodi di restituzione da singola prospettiva11 - i quali permetteranno anche
di rilevare eventuali anomalie proiettive -, nel nostro caso si rende
disponibile un ulteriore, potentissimo strumento, reso possibile dal fatto che
fortunatamente Venezia non è cambiata molto in questi ultimi secoli. Lo
strumento
è la città stessa. È la possibilità di verificare ed esperire personalmente le
nostre teorie, anche per mezzo della fotografia e della cartografia storica o
recente.
In questi casi, infatti, è utile non tanto restituire gli oggetti rappresentati
- essendo disponibili gli originali - ma definire la posizione del punto di
vista (o dei punti di vista) e le giaciture del quadro prospettico (o dei quadri
prospettici), verificare se gli edifici rappresentati corrispondono o no agli
edifici reali, se le loro posizioni relative concordano con la planimetria del
sito. Stabilendo pertanto il luogo dove è stata costruita la rappresentazione,
la sua configurazione geometrica ed eventuali manipolazioni proiettive.
Per semplicità, è utile suddividere il problema complessivo in segmenti di più
facile soluzione.
È anzitutto utile trovare l'altezza dell'orizzonte: poiché tutte le
rappresentazioni sono a quadro verticale, l'altezza dell'orizzonte corrisponderà
anche all'altezza del punto di vista e viceversa.
Sarà sufficiente individuare una o più coppie di segmenti orizzontali - nella
realtà ma non nella rappresentazione, come ad esempio la linea di gronda e
l'attacco a terra di un edificio - e trovare i relativi punti di fuga
nell'intersezione dei loro prolungamenti. Per quei punti passerà anche
l'orizzonte (luogo dei punti di fuga degli infiniti fasci di rette orizzontali e
non parallele al quadro). Per trovare la vera altezza del punto di vista, in
metri, sarà sufficiente conoscere l'altezza di un edificio e applicare una
proporzione (cfr. figura 3 A). Infatti, l'altezza totale dell'edificio, in
metri, sta all'altezza misurata sulla rappresentazione, in centimetri, come
l'altezza del punto di vista, in metri - valore da trovare - sta all'altezza
dell'orizzonte, misurata sulla rappresentazione rispetto al piede dell'edificio.
Questo calcolo prevede evidentemente che il suolo sia perfettamente orizzontale:
condizione non molto lontana dalla verità, a Venezia.
Superato facilmente lo scoglio altimetrico (di norma, infatti, anche in presenza
di più punti di vista, la loro altezza è la stessa), è ora necessario risolvere
la planimetria. Si dovrà farlo senza conoscere in anticipo se la
rappresentazione è una normale
prospettiva o il frutto di un montaggio o di ribaltamenti.
Sarà pertanto inevitabile operare per accumulazione di indizi, interpretandoli
poi e verificandoli anche in pratica. Le domande alle quali si dovrà dare
risposta sono: quanti quadri prospettici sono stati usati? Quanti punti di
vista? Qual è la loro giacitura e posizione? Gli edifici rappresentati
mantengono la loro reale disposizione planimetrica?
In questo caso sarà di grandissima utilità una planimetria del sito (ad esempio
la restituzione fotogrammetrica di Venezia, alla scala 1:500, contenente anche
le quote di alcuni edifici).
Una prima indicazione si riferisce alla giacitura del piano di proiezione:
supponendo, infatti, che nella realtà le linee di gronda e gli attacchi a terra
degli edifici siano orizzontali, se è mantenuta l'orizzontalità anche nella
rappresentazione, questo indica con certezza che il quadro prospettico è
parallelo a quei segmenti. Nel caso si trovino quadri paralleli a facciate di
edifici nella realtà non parallele tra loro, si dovrà necessariamente concludere
che quella rappresentazione è una panoramica oppure che gli edifici hanno subito
una rotazione.
Un'altra utile indicazione viene dagli allineamenti di punti riferiti a edifici
diversi: supponendo, infatti, che un edificio nasconda parzialmente un'altra
costruzione, si potranno individuare, nella pianta, il punto che indica lo
spigolo dell'edificio più vicino al punto di vista e il punto, sulla facciata
dell'altro edificio, dove lo spigolo si proietta (cfr. figura 3 G). Tracciando
una retta per i due punti, avremo la certezza che il punto di vista si trova
lungo quella retta (o, almeno, che il punto di vista riferito a quel gruppo di
edifici si trova lungo quella retta). Per identificare la posizione esatta, si
potrà procedere in vari modi: definendo due o più rette (il punto di vista si
troverà nel loro punto di intersezione, ammesso che sia unico), oppure operando
per proporzione, conoscendo le altezze degli edifici in esame (cfr. figura 3
C-G). Anche in questo caso, se si identificano con certezza più punti di vista -
ben separati tra loro - si dovrà dedurre che la rappresentazione è formata da un
montaggio di più prospettive.
Un ulteriore parametro di indagine è dato dall'analisi geometrica delle ombre
proprie e portate dagli edifici che compongono la scena. Spesso potranno
dirimere lo spinoso dubbio: la rappresentazione è ottenuta da un ideale
spostamento degli edifici ovvero da un cambiamento del punto di vista o del
quadro?
Per concludere, è utile ricordare l'assoluta necessità di una verifica
incrociata delle ipotesi fatte.
Tale verifica dovrà pertanto essere attuata operando per saturazione; con
metodi diversi e, possibilmente, usando diversi parametri e, sempre, con
sovrabbondanza di controlli.
Infatti, non solo le rappresentazioni sono - o possono essere - intrinsecamente
poco precise (e in special modo le loro riproduzioni a stampa), ma soprattutto è
del tutto normale l'introduzione di lievi modifiche topografiche e
accomodamenti
proiettivi, ad esempio attorno alle linee di giuntura tra i piani prospettici,
oppure per ragioni compositive, pittoriche.
Solo se le ipotesi fatte risultano tutte congruenti e connesse, riscontrate da
molti indizi - ben distribuiti su tutta la rappresentazione - e possibilmente
verificate anche per mezzo di fotografie, si potrà concludere positivamente la
ricerca.
L'analisi geometrica e la comprensione di una rappresentazione del vedutismo
veneziano del Settecento non è dunque un puro, quasi monotono, esercizio
tecnico; dove il problema consiste nel cercare la soluzione, forse complessa ma
certamente esistente. Piuttosto, nel suo procedere, è per certi versi simile
allo studio di una rappresentazione preprospettica, nella quale nulla o quasi è
evidente e ciascun passaggio deve essere provato e consistente: ogni veduta,
infatti, è unica e caratterizzata da elementi singolari, combinati in modo
sempre variato e spesso imprevedibile.
Nel nostro caso, tuttavia, gli edifici rappresentati sono tuttora esistenti e
sappiamo per certo che l'immagine può essere scomposta in nuclei prospettici,
isolati oppure coordinati proiettivamente, ma sempre rispondenti alle leggi
fondamentali della prospettiva e legati tra loro dalle mutue relazioni
instaurate dai tre enti considerati: la disposizione planimetrica degli edifici
reali, la posizione dei punti di vista e la giacitura dei quadri prospettici.
NOTE
1) Canaletto, Il bacino di San Marco verso Est, Boston, Museum of Fine Arts (Puppi, n. 161 A).
2) Canaletto, Piazza San Marco, verso la Libreria, tra gli scorci della Basilica e della chiesa di San Geminiano, Hamstead Marshall (Berkshire), coll. Craven (Puppi, n. 133 A). La veduta comprende un angolo orizzontale di oltre 140 gradi.
3) Per una estesa analisi dei dipinti e approfondimenti sui metodi prospettici dei vedutisti, si veda anzitutto: Lionello Puppi, L'opera completa del Canaletto, Rizzoli, Milano 1968 (per il Canaletto, i riferimenti delle note sono a questo testo); William George Constable, Canaletto: Giovanni Antonio Canal, 1697-1768, Clarendon Press, Oxford 1962; André Corboz, Canaletto, una Venezia immaginaria, Alfieri Electa, 1985 (in particolare i saggi: Prova della verità topografica, Camera obscura, oscura o ottica, Prospettiva canalettiana); André Corboz, Sur la prétendue objectivité de Canaletto, Arte veneta XXVIII (1974), pp. 205-18; Maria Agnese Chiari, Nuove osservazioni su Canaletto e la camera ottica, Arte veneta XXXVIII (1984), pp. 106-18; Ettore Camesasca, L'opera completa del Bellotto, Rizzoli, Milano 1974 (per il Bellotto, i riferimenti delle note sono a questo testo); Stefan Kozakiewicz, Bernardo Bellotto, Gorlich, Milano 1972; Luigina Rossi Bortolatto, L'opera completa di Francesco Guardi, Rizzoli, Milano 1974 (per il Guardi, i riferimenti delle note sono a questo testo); Aldo Rizzi, Luca Carlevarijs, Alfieri, Venezia 1967; Ralph Toledano, Michele Marieschi: l'opera completa, Mondadori, Milano 1988; Bernard Aikema, Boudwijn Bakker, Painters of Venice: the story of the venetian "veduta", Amsterdam, Swartz 1990 (catalogo della mostra tenuta ad Amsterdam nel 1990-91); Pietro Zampetti, I vedutisti veneziani del Settecento, Alfieri, Venezia 1967 (catalogo della mostra del 1967 a Palazzo Ducale, Venezia); Isabella Reale, Dario Succi, Luca Carlevarijs e la veduta veneziana del Settecento, Electa, Milano 1994; Isabella Reale, Luca Carlevarijs: le fabriche, e vedute di Venetia (Venezia 1703), Marsilio, Venezia 1995 (catalogo della mostra tenuta a Udine nel 1995-96).
4) Al museo Correr di Venezia è conservata una camera ottica con iscrizione "A. Canal". Strumenti simili a quello sembra fossero abitualmente usati per la costruzione degli schizzi preparatori: al riguardo, oltre ai saggi indicati nella nota precedente, si veda anche Martin Kemp, La scienza dell'arte, Giunti, Firenze 1994.
5) Al riguardo si veda l'articolo: Programma Euclid: restituzione prospettica funzione di regole compositive; presso il sito Internet http://www.iuav.it/dpa/ricerche/trevisan/euclid2.htm (euclid.pdf).
6) Ad esempio: Canaletto, Il Canal Grande da campo San Vio, presso il ponte di Rialto, Milano, coll. Crespi (Puppi, n. 13).
7) Ad esempio: Canaletto, Ricevimento dell'ambasciatore francese a Palazzo Ducale, Leningrado, Ermitage (Puppi, n. 31); Canaletto, La punta della Dogana, Vienna, Kunsthistorisches Museum (Puppi, n. 38).
8) Ad esempio: Francesco Guardi, Il doge nella Sala del Maggior Consiglio, ringrazia i patrizi per la sua elezione, Nantes, Musée des Beaux-Arts (Rossi Bortolatto, n. 448); Bernardo Bellotto (attribuito), Piazza San Marco, dalla torre dell'Orologio verso le Procuratie Nuove, Lille, Musée des Beaux-Arts (Camesasca, n. 289 A, si veda anche la nota 2, per una equivalente veduta del Canaletto); Canaletto, La Piazzetta, con la Libreria, verso Ovest, Alton (Hampshire), coll. Hampden (Puppi, n. 111).
9) Ad esempio, oltre al già citato Bacino di San Marco di Boston: Canaletto (da alcuni attribuito a Michele Marieschi), La chiesa della Salute, Parigi, Louvre (Puppi, n. 23 B); Francesco Guardi (da Constable attribuito a Marieschi), Canal Grande a San Geremia, Baltimore, Museum of Art (Rossi Bortolatto, n. 104); Canaletto, Piazza San Marco, con gli scorci della Basilica e del lato Nord-Est, Hartford, Wadsworth Atheneum (Puppi, n. 190 A).
10) Ad esempio: Canaletto, La Piazzetta verso Sud, Roma, Galleria Nazionale (Puppi, n. 139 A); Canaletto, Il Bucintoro di ritorno al Molo il giorno dell'Ascensione, Inghilterra, coll. privata (Puppi, n. 67 C); Canaletto, La Piazzetta verso Nord, Woburn Abbey, coll. duca di Bedford (Puppi, 86 A).
11) Per una più approfondita e completa disamina del problema, si rimanda, ad esempio, a L'impiego della fotografia nel rilievo, in AA.VV., Teorie e metodi del disegno, CittàStudi, Milano, 1994.
FIGURE
Figura 1. Costruzione e alcune caratteristiche fondamentali della prospettiva
Il grafico A illustra il metodo più semplice e diretto per la costruzione di una prospettiva a quadro verticale. Da esso, tra l'altro, si ricavano i seguenti concetti: segmenti reali appartenenti al quadro non sono scorciati in prospettiva; segmenti paralleli al quadro mantengono la loro giacitura nella proiezione; segmenti tra loro paralleli nella realtà concorrono in prospettiva verso un unico punto di fuga, uno per ciascuna direzione nello spazio, esclusi i fasci di rette parallele al quadro; il punto di fuga di una retta (o meglio di un fascio di rette parallele e, pertanto, di una direzione) è dato dalla traccia sul quadro della retta parallela alla direzione data e passante per il centro di proiezione: così, ad esempio, il punto di fuga del fascio di rette orizzontali, parallele ad una diagonale del quadrato (per C1E1, nella pianta) è dato dal punto PD (punto di distanza, poiché la distanza tra PD e PP11 è congruente alla distanza tra quest'ultimo e PV1), traccia sul quadro della retta per PD e per PV1 e parallela alla retta per C1E1; seguendo quanto appena detto, il punto principale (proiezione del punto di vista, eseguita perpendicolarmente al quadro) è anche il punto di fuga (in prospettiva) di tutte le rette perpendicolari al quadro (parallele, dunque, alla retta per PV e PP); l'orizzonte è il luogo dei punti di fuga degli infiniti fasci di rette orizzontali e non parallele al quadro: poiché il punto principale è il punto di fuga di un fascio di rette orizzontali, ne segue che, definito il PP o qualsiasi altro punto di fuga di un fascio di rette orizzontali, è definito anche l'orizzonte (e, dunque, l'altezza del punto di vista).
Grafico B. È noto che osservando una fotografia di un oggetto (o una prospettiva, poiché è lo stesso) non è generalmente possibile stabilire in modo univoco la forma di quest'ultimo: ad esempio un tronco di piramide può senz’altro costruire un'immagine prospettica identica a quella di un parallelepipedo. Vale a dire che nel passaggio dalle tre dimensioni dello spazio reale alle due dimensioni della prospettiva piana, vanno inevitabilmente perdute alcune informazioni metriche e morfologiche. Ogni oggetto, fissato il centro di proiezione (PV) ed il piano di proiezione prospettica (quadro), fornisce un’unica immagine su questo ma, viceversa, fissato ancora il PV, il quadro e l’immagine prospettica, esistono infinite configurazioni tridimensionali alle quali questa può riferirsi. Tra queste potremo scegliere quella corretta solo possedendo alcune informazioni supplementari, che ci permettano di eliminare tutte le configurazioni errate mantenendo l’unica che verifica tutte le condizioni (sempre che una soluzione esista e sia unica). Nel nostro caso le ulteriori informazioni sono date dagli stessi edifici reali. Se, ad esempio, si è certi di possedere un'immagine di un cubo si potrà, di norma, collocarlo correttamente nello spazio: infatti, i parametri impiegati nella restituzione prospettica sono i medesimi utilizzati per la costruzione della stessa prospettiva, con l’ovvia differenza che mentre in quest’ultima i parametri sono liberi e determinano la resa prospettica, al contrario nella restituzione costituiscono le incognite da ricercare.
Il grafico C illustra la proporzione esistente tra i segmenti reali proiettati su piani diversi, tra loro paralleli. Questo comporta che, traslando il quadro parallelamente a se stesso (escludendo il caso del quadro contenente il punto di vista), l'immagine prospettica non cambia, a meno di un fattore di scala: non vengono però modificati i rapporti tra i segmenti proiettati, né l'angolo che essi formano tra loro sul quadro. In una fotografia, dunque, mantenendo fisso il centro ottico dell'obiettivo e la direzione di ripresa, la prospettiva non è affatto modificata dal variare dell'obiettivo, sia esso un grandangolo o un teleobiettivo: cambia esclusivamente la porzione di spazio proiettato sul fotogramma.
Il grafico D dimostra, invece, che lo scorciamento prospettico è in funzione inversa della distanza dell'oggetto dal PV. I segmenti AB e CD sono infatti uguali tra loro. Poiché la distanza E-PV è la metà di F-PV, ne segue che C'D' è la metà di A'B', per qualunque posizione del quadro (vedi grafico C).
Infine, il grafico E illustra un'altra caratteristica della prospettiva lineare. Gli oggetti (cubi tutti uguali tra loro) sono disposti alla stessa distanza dal quadro. La prospettiva mostra le loro facce frontali tutte uguali tra loro, anche per i cubi più distanti dal PV. Osservando la prospettiva dal giusto punto (posto sopra il punto principale, con distanza PP-PV), le facce più esterne saranno anche più lontane dall'occhio dell'osservatore e, dunque, saranno viste più piccole. Nel grafico, la retta per il punto principale rappresenta il quadro verticale, visto in pianta, se si considera la configurazione proiettiva; rappresenta invece l'orizzonte se si prende in esame la prospettiva, ruotata idealmente di 90° per disporla orizzontalmente. Nella fase di comprensione, ricostruzione spaziale e restituzione prospettica è infatti molto utile sovrapporre la pianta degli oggetti rappresentati e il ribaltamento in pianta della prospettiva o della rappresentazione definita dalla configurazione proiettiva.
Figura 2. Schemi proiettivi degli inganni prospettici usati dai vedutisti veneziani del Settecento
In questi grafici sono
stati sintetizzati i due metodi indicati nel testo per alterare la prospettiva
piana: la panoramica, ovvero il ribaltamento su di un unico piano di più
quadri prospettici tra loro inclinati (in alto), e l'uso di due punti di vista
(in basso).
Per quanto riguarda il primo metodo, il grafico A mostra il risultato
finale del ribaltamento, indicato nel grafico C, il quale riproduce la
pianta degli oggetti rappresentati (alcuni cubi, uniformemente distribuiti sul
piano orizzontale), le giaciture dei tre quadri prospettici verticali e i loro
ribaltamenti sul piano finale di rappresentazione. Come si può notare, non è
necessario che i punti principali cadano al centro delle porzioni di quadro di
ogni singola prospettiva: è invece utile che le unioni tra le varie
rappresentazioni cadano in punti
morti, e in ogni caso non all’interno delle facciate degli edifici
rappresentati. La facciata, infatti, risulterebbe spezzata, poiché le due metà
convergerebbero verso punti di fuga diversi tra loro.
In questo caso il punto di vista è unico ma esistono più punti principali, uno
per ciascun quadro prospettico: dunque, alcuni segmenti reali, pur
perpendicolari al piano della rappresentazione finale, non concorrono verso il
punto principale PP2.
Il grafico B
illustra invece il risultato di una normale prospettiva piana (per lo schema di
pianta, si veda il grafico D). Come si può notare, l'ampio angolo di
campo (circa 160°) introduce delle fortissime aberrazioni marginali. Tuttavia,
in questo caso, come era giusto attendersi, tutti i segmenti perpendicolari al
quadro concorrono verso l'unico punto principale PP.
Il confronto tra i grafici A e B mette in luce un'altra interessante
caratteristica: le due rappresentazioni, pur molto diverse tra loro nella
morfologia degli oggetti proiettati, contengono non solo gli stessi oggetti ma
anche le stesse parti degli oggetti. In altre parole, poiché il punto di vista è
unico, fisso e comune ad entrambe le rappresentazioni, l'osservatore - comunque
sia disposto il quadro o la direzione principale di vista - vedrà sempre la
medesima scena, sia pur proiettata in modo diverso, secondo l'inclinazione del
quadro stesso.
Il secondo metodo prevede invece l'uso di più punti di vista (tipicamente due) e
la successiva giustapposizione di alcune parti delle prospettive prodotte, per
costruire la rappresentazione definitiva. In questo caso la rappresentazione
finale (grafico G) è ottenuta dalla somma della parte destra del grafico
E, e dalla parte sinistra del grafico F.
Il grafico H mostra la pianta della scena rappresentata, la giacitura del
quadro prospettico e la posizione dei due punti di vista PV1 e PV2
e dei due punti principali.
Da notare che le due parti del grafico G, proprio per la loro diversa
natura e genesi proiettiva, possono essere traslate orizzontalmente,
allontanandole o avvicinandole tra loro, per aumentare o diminuire l'effetto di
ideale allargamento dello spazio rappresentato: un’attenta analisi geometrica
dello spazio intermedio potrà dunque essere di grandissimo aiuto nella fase di
restituzione.
L'esistenza di più di un punto di vista comporta necessariamente la presenza di
altrettanti punti principali: nel grafico G, infatti, tutti i segmenti
ortogonali all'unico quadro dovrebbero convergere verso un unico punto di fuga,
il punto principale. In realtà i segmenti ortogonali al quadro di ciascun lato
della rappresentazione concorrono verso un loro punto principale. Pertanto,
mantenendo costante la scena reale, non esiste la possibilità di riprodurre la
stessa rappresentazione per mezzo di un unico punto di vista, ma è necessario
modificare la geometria degli oggetti reali.
Il grafico I illustra appunto questa deformazione. Il quadrato ABCD,
proiettato dal punto PV1, si sovrappone, nel quadro, alla proiezione
del parallelogramma A1B1C1D1, dal
punto PV. Le due figure, osservate dai rispettivi punti di vista, sono pertanto
equivalenti e dunque il grafico G
può essere ottenuto deformando opportunamente gli oggetti reali e osservandoli
poi dal punto di vista adottato per la loro deformazione.
L'inclinazione del segmento A1B1 deriva da quella del
segmento PV PP1: infatti, poiché il segmento A1B1
deve concorrere - nella prospettiva - in PP1, è necessario che -
nella realtà - i due segmenti (PV PP1 e A1B1)
siano paralleli tra loro (come si è visto, il punto di fuga di una direzione è
dato dalla traccia sul quadro della retta parallela alla direzione data e
passante per il punto di vista).
Evidentemente, il quadrilatero A1B1C1D1
potrebbe assumere infinite altre giaciture e dimensioni: quelle scelte lo
rendono però più vicino al quadrato reale ABCD.
Figura 3. Schemi per il reperimento delle coordinate del punto di vista
Grafico A. Determinazione dell'altezza di un generico punto, posto sulla facciata di un edificio, essendo nota l'altezza dell'edificio stesso. Il trapezio ABCD rappresenta la prospettiva di un rettangolo reale (ad esempio, la facciata di un edificio), avente i segmenti AD e BE orizzontali e AB e ED verticali e inclinazione generica - ed anche sconosciuta - rispetto al quadro. Dunque, tracciata una retta qualsiasi - che passi per PF, punto di fuga di BE e AD -, ad esempio C PF, questa suddivide il segmento AB in due parti aventi tra loro un dato rapporto, variabile con il variare della retta C PF.
Lo stesso rapporto,
tuttavia, si instaura tra tutti i segmenti generati da segmenti paralleli ad AB
(nella realtà, infatti, le rette C PF, A PF e B PF sono parallele tra loro).
Così, AC/CB=A'C'/C'B'=A"C"/C"B", e così via. D'altra parte, la retta nella
realtà è senz'altro orizzontale e parallela ad AD e a BE. Dunque, nella realtà,
i segmenti AC, A'C' e A"C" sono uguali tra loro. Pertanto, per conoscere, ad
esempio, l'altezza del punto C', nota l'altezza dell'intero edificio e il punto
di fuga delle orizzontali, è sufficiente tracciare una verticale per C' ed
eseguire una semplice proporzione: AC reale = (AC proiettato * AB reale) / AB
proiettato.
Lo stesso metodo può essere adottato per reperire l'altezza dell'orizzonte e
dunque del punto di vista.
Inoltre, le rette dal punto principale per A', A", E, definiscono, sulla retta
orizzontale per A, i punti A'1, A"1, E1. Questi
rappresentano le proiezioni ortogonali sul quadro dei punti A', A", E: infatti,
le rette che nella prospettiva convergono verso il punto principale, nella
realtà sono tutte parallele tra loro e ortogonali al quadro. Per la proiezione
dei punti sul quadro, è anche possibile scegliere un qualunque punto posto
sull'orizzonte (luogo dei punti di fuga dei fasci di rette orizzontali), escluso
PF.
In questo caso si tratterà ancora di una proiezione sul quadro, compiuta da un
generico fascio di rette orizzontali e parallele tra loro, con angolo
sconosciuto rispetto al quadro: saranno però mantenute le mutue proporzioni tra
i veri segmenti AA', A'A" e A"E (per il teorema di Talete, grafico B).
Grafico C. Definizione della posizione del punto di vista, nota la retta
alla quale appartiene il punto stesso, la lunghezza di due segmenti -
orizzontali o verticali - sovrapposti nella proiezione ma non nella realtà e la
loro distanza in pianta. Conoscendo la lunghezza del segmento FB (altezza del
primo edificio), è semplice trovare la lunghezza AB, per proporzione, come già
descritto nel punto precedente (vedi grafico A). La lunghezza CD si trova
anch'essa per proporzione, nota l'altezza GE del secondo edificio. Nota la
distanza AC (uguale ad FG; la retta per A e per C contiene anche il punto di
vista), è possibile definire la distanza C PV con una semplice proporzione, usando le proprietà dei triangoli
simili A-B-PV e C-D-PV.
Pertanto: C PV = (AC * CD)/(AB -
CD).
Grafici E-G. È qui meglio descritto - in pianta, prospetti e prospettiva
- il metodo già visto nel grafico precedente (invertendo la posizione dei
segmenti verticali rispetto al PV). I punti B e D, appartenenti ad edifici
diversi, sono sovrapposti in prospettiva. Questo indica che i due punti sono
allineati con il punto di vista. Conoscendo l'altezza di B rispetto ad A (con il
punto A posto alla stessa altezza del PV), l'altezza di D rispetto a C e la
distanza tra A e C (misurabile su di una pianta della città), si imposta la
retta per A e C. Il punto di vista deve appartenere a questa retta.
È pertanto necessario trovare la distanza di PV da A. Ribaltando in pianta le
altezze CD e AB si definisce un trapezio (ABDC). Prolungando i segmenti CA e DB
si identifica il punto di vista.
La prima parte del metodo - l'identificazione di due punti sovrapposti in
prospettiva, riconoscibili e reperibili nella pianta del sito - può essere usata
anche senza la conoscenza delle altezze. Infatti identificando due o più rette
(simili a CA), il punto di vista si trova nel loro punto di intersezione,
dovendo appartenere a tutte le rette.
Nel caso si trovino due o più punti di intersezione, ben distanziati tra loro,
molto probabilmente la rappresentazione complessiva è frutto dell'unione di due
o più prospettive, ciascuna eseguita da un punto diverso (cfr. figura 2 G). Se,
al contrario, si identifica un solo punto di vista ma più punti principali (più
facciate non parallele tra loro nella realtà ma con i loro segmenti orizzontali
che rimangono tali nella prospettiva), si tratterà invece di un montaggio di
varie prospettive ribaltate sul piano della rappresentazione (cfr. figura 2 A).
Queste ipotesi, evidentemente, valgono solo se non sono state modificate le
reali posizioni planimetriche degli edifici rappresentati.