Egidio Martini
Un'altra redazione del Cristo della moneta di Tiziano Vecellio
1. Tiziano Vecellio, Il tributo della
moneta, 1568.
3. Tiziano Vecellio, L'Amor sacro e l'Amor
profano, 1515 ca.
4. Tiziano Vecellio, La Pietà, 1570 ca
- 1576.
La pittura di Tiziano ha uno svolgimento tra i più chiari e
rivoluzionari del suo tempo in tutta l'arte non solo veneziana, ma,
pure, italiana; svolgimento che partendo con delle opere dalle linee
serene e pure del suo primo periodo con riflessi ancor belliniani e
giorgioneschi arriva a quelle dell' ultimo tempo tempestate con
pennellate stracciate, libere e sfuggenti, inusitate, nuove, nella metà
del Cinquecento: una pittura certamente raccolta e assimilata da tre
grandi come il Tintoretto, il Veronese e il Bassano, per non dire dei
più tardi Rubens, Velazquez e altri del primo Seicento veneto ed
europeo. Tiziano cioè parte da opere che vanno dall'Allegoria delle
tre età della National Gallery of Scotland di Edimburgo e dall'
Amor Sacro e Profano della Galleria Borghese di Roma (fig. 3)
a quelle della maturità come il Martirio di san Lorenzo della
chiesa dei Gesuiti di Venezia e alle estreme come l'Apollo che
scortica Marsia del Palazzo Arcivescovile di Kroměříž e la Pietà
delle Gallerie dell'Accademia di Venezia (fig. 4).
2. Tiziano Vecellio, Il tributo della
moneta, 1565-1568.
Ho il piacere di presentare qui un dipinto raffigurante il Cristo
della moneta (olio su tela di cm 119,8 x 94) (fig. 2) che, in
accordo con i giudizi espressi da alcuni fra i maggiori studiosi dell'
arte veneta, quali il prof. Giuseppe Maria Pilo, il prof. Ugo Ruggeri e
il dott. Filippo Pedrocco, autore quest'ultimo della più recente
monografia su Tiziano, ritengo eseguito dal pittore cadorino intorno al
1565, molto vicino all' altra redazione dello stesso soggetto, inviata
da Tiziano a Filippo II nel 1568 (fig. 1), che si conserva alla
National Gallery di Londra, e anche al Cristo benedicente dell'
Ermitage di San Pietroburgo. Per seguire la classificazione di Wethey (H.
E. Wethey, The Paintings of Titian. Complete Edition. I. The
Religious Paintings, London 1969, pp. 163 seg.), entrambi i dipinti
appartengono al 'tipo' compositivo cosiddetto "dell' Escorial", per
distinguerlo dal tipo detto "di Dresda" che presenta uno svolgimento
orizzontale. Scrive in particolare Pilo: «Rispetto all'esemplare di
Londra, il dipinto che qui si studia è di dimensioni alquanto maggiori
[...]. Questo è peraltro solo uno degli aspetti, e non il più
ragguardevole, nei quali i due dipinti differiscono non poco. A
differenza che nella redazione di Londra, qui la figura del fariseo è di
fatto l'unica alla destra del Cristo — alle sue spalle la testa di un
altro personaggio, con occhiali, ben visibile e svolta invece nella
redazione di Londra, s'intravede appena — e, anche per questo, emerge in
primo piano, sicché il colloquio fra essa e quella del Salvatore si fa
più serrato e drammatico, in ciò accentuato dalla funzione della luce
che qui si fa frammentata e battente vieppiù scorporando il colore in
rivoli e guizzi vibranti di vita pittorica: si veda, a esempio, come ciò
si realizza — e sono stilemi propri dell'ultima 'magica' fase di Tiziano
— sulle pieghe del bianco della camicia che qui, a differenza che nella
redazione di Londra, avvolge gran parte dell'avambraccio destro della
figura, nella capigliatura e nella fascia alla base della kippah,
il copricapo che il fariseo ritualmente indossa; la composizione è qui
bilanciata dalla presenza di un altro personaggio anziano, di tre quarti
di profilo alle spalle sulla sinistra del Cristo: ed è, in tale
contesto, che con grande efficacia della più alta valenza pittorica e
con evidente pregnanza di significato simbolico, emerge in piena luce la
figura del Salvatore, il bel volto, il gesto delle mani eleganti, il
sobrio quanto pittoricamente ricco abbigliamento: la veste rossa
rialzata di bianco ai polsi e al collo della camicia, la sopravveste
mauve. (comunicazione scritta 15.III.2006).
La fattura del nostro dipinto, oltre la tipologia, è del tutto simile a
quella delle opere ricordate: sembrano eseguite nello stesso tempo, in
un momento di libertà spirituale del pittore, quando il grande maestro
guarda e dipinge con tecnica ormai essenziale e libera, frantumata, che
dopo oltre tre secoli si presenta moderna ancor oggi, d'una qualità che
ritroviamo in altri lavori del pittore con analoghi soggetti, come nella
Giuditta dell' Institut of Art di Detroit, l'Annunciazione
della chiesa di San Salvador di Venezia e il Cristo portacroce
dell' Ermitage di San Pietroburgo, quadri nei quali ritroviamo gli
stessi impasti cromatici e lo stesso colpeggiare di pennellata.
Egidio Martini
ARTE Documento
N°23
©
Edizioni della Laguna
P.S.: Nel testo corrente sono state omesse,
per questioni di spazio, le note dell'autore.