Elisabetta Riva Caroti

 

Antonio Francesco Peruzzini: precisazioni e proposte


 



Sulla scorta delle notizie riportate dal Ratti
1 nella biografia di Alessandro Magnasco, il Geiger, in quello che ancora oggi rimane il più vasto catalogo delle opere del maestro genovese2, accoglie la tradizione per cui "Molti erano i pittori del tempo in Milano che, avendo dipinto marine, e paesi, al Magnasco poi ricorrevano, acciocchè le figure vi introducesse. Servì egli in ciò al Perugini, Pittor Paesista, e a Clemente Spera Pittor di rottami, e di architettura, così ad altri, che lungo sarebbe il noverare"3.
Nelle schede delle opere raccolte nel volume compare però quasi esclusivamente il nome dello Spera, citato costantemente quando le figure di Magnasco sono ambientate entro architetture o rovine classicheggianti, mentre poco si può ricavare circa la personalità pittorica del Peruzzini. I dati biografici sono tutt'ora scarsi e frammentari: nato ad Ancona, nel 1668 secondo lo Zani, intreccia la sua vicenda pittorica, a cavallo fra Seicento e Settecento, con quelle di Alessandro Magnasco e di Sebastiano e Marco Ricci tra Milano e Firenze, ma la cronologia dei suoi soggiorni e delle opere è vaga, a parte la notizia della sua presenza in Toscana nel 1703, in procinto di partire per Milano, riportata dal Magalotti
4.
Punto di partenza per ricostruire un catalogo del paesista anconetano è il quadro con le Tentazioni di sant'Antonio in paesaggio della collezione Porro, firmato, pubblicato dall'Arslan
5. Realizzato in collaborazione con Sebastiano Ricci, è citato in un inventario del 1707, ma la Gregori6 ne anticipa l'esecuzione ad anni tra 1695 e 1698, quando è documentata la presenza dell'artista veneto a Milano.
Il paesaggio del Peruzzini, molto vicino a modi magnascheschi, si distingue però per il tono meno nervoso e scattante, più largo e decorativo nell'andamento dei piani condotti con pennellate lineari, pur nell'intrico della vegetazione dai grandi rami spezzati, e per il trattamento a effetto delle nuvole trasparenti e sfioccate, che ancora richiamano la lezione barocca del Cavalier Tempesta arricchita di toni crepuscolari e visionari alla Salvator Rosa, costanti stilistiche già brillantemente evidenziate dal Chiarini
7. Queste caratteristiche pongono in dubbio l'attribuzione a Peruzzini del Paesaggio con lavandaie appartenente al Museo Luxoro e già citato in inventario come Magnasco, proposta dalla Biavati nel piccolo volume da lei curato8, pur ricco di preziose informazioni su questo artista così poco studiato. Nell'opera prevalgono infatti i tocchi concitati tipici del maestro genovese, e basterebbe limitare il confronto al trattamento del cielo nel quadro con le Tentazioni per riportare l'opera alla sua collocazione tradizionale.
Egualmente escluderei dal catalogo dell'anconetano i due ovali esposti recentemente in occasione della mostra bellunese dedicata a Marco Ricci
9, anche solo confrontandoli con gli altri due paesaggi presentati10 giustamente ascritti al Peruzzini, e riassegnerei alla produzione giovanile di Marco il Paesaggio con ponte ed archi del Museo Narodowe di Varsavia11, così diverso per stesura pittorica e cromatismi.

 

 

1. Antonio Francesco Peruzzini, Paesaggio con figure. Ubicazione ignota.

 


2. Antonio Francesco Peruzzini, Paesaggio con figure. Ubicazione ignota.

 


Enos Malagutti mi ha poi segnalato gentilmente due paesaggi dipinti in pendant (figg. 1 e 2), dove i modi quieti e distesi del maestro marchigiano sono ancora più evidenti, tanto da far pensare a una datazione posteriore al 1710, quando cioè la collaborazione col Magnasco andava esaurendosi e il Peruzzini rimeditava i modelli centroitaliani della sua formazione. A conforto di questa ipotesi Malagutti ricorda almeno due altri paesaggi firmati dalle caratteristiche analoghe, la cui documentazione fotografica è andata purtroppo perduta.
Nelle tele qui proposte e in molte di quelle pubblicate dal Chiarini e dalla Gregori compaiono elementi architettonici certamente non insoliti, ma che ci conducono a un aspetto ancora poco indagato dei quadri a sfondo rovinistico con le figure di Alessandro Magnasco.
A esempio, nel Martirio di sant'Erasmo di collezione privata, recentemente riproposto dalla Franchini Guelfi nella monografia dedicata a Magnasco
12, è assai ben riconoscibile sulla sinistra la minuta e geometrica definizione delle architetture dello Spera, ma è evidente nella parte destra l'intervento di un'altra mano, la stessa che ha realizzato lo sfondo architettonico del Concertino13, pure di collezione privata. La Franchini Guelfi assegna quest'ultima tela interamente al Magnasco, ma l'attribuzione si scontra con la sensibile "rotondità" della pennellata e l'andamento decorativo, meno concitato del ductus pittorico, rispetto alle figurine di mano del genovese;

 

 


3. Alessandro Magnasco e Antonio Francesco Peruzzini, Cristo consegna le chiavi a san Pietro. Ubicazione ignota.

 

caratteristiche ancora più evidenti se si guarda al Cristo consegna le chiavi a san Pietro, qui proposto (fig. 3), documentato anch'esso nell'archivio fotografico di Enos Malagutti, oltrettutto direttamente confrontabile con l'analogo soggetto dipinto in collaborazione con lo Spera14.
La particolare conformazione dell'albero aggettante col ramo tronco sulla destra e il cielo percorso da nuvole di grande effetto luministico sono qui assai vicini proprio a quei caratteri stilistici precedentemente individuati nella produzione paesistica di Peruzzini.
A sostegno di questa ipotesi è poi interessante osservare come già il Geiger segnalasse, a proposito di due tele in collezione privata viennese, rispettivamente Rovine con pescatori e Rovine con viandanti, l'attribuzione con vecchia scritta a tergo della tela a "Peruggini-Alessandrino"
15, attribuzione mai più citata o messa in discussione altrove, almeno per quanto ho potuto accertare, e che conferma pienamente, proprio per l'analoga impostazione degli elementi architettonici e paesistici degli sfondi di queste due opere, la serie di raffronti stilistici proposta. Proseguendo su questa linea d'indagine si può arricchire il catalogo dell'anconetano con tutta una serie di tele assegnata a collaboratori non meglio precisati del Magnasco, approfondendo così la conoscenza della personalità pittorica di Antonio Francesco Peruzzini, assai celebrato tra i suoi contemporanei e ingiustamente poco noto oggi.
 

 

 

Elisabetta Riva Caroti

 

 

 


1 C.G. Ratti, Vite dÈ pittori, scultori e architetti genovesi, II, Genova, 1769, in B. Geiger, Magnasco, Bergamo 1949, p. 60.
2 B. Geiger, op. cit.
3 C. G. Ratti, op. cit., ed. cit., p. 59.
4
M. Gregori, Una notizia del Peruzzini fornita dal Magalotti, in "Paragone", n. 169, 1964, pp. 24-28.

5 E. Arslan, Contributo a Sebastiano Ricci e ad Antonio Francesco Peruzzini, in AA. VV., Studies in the History of Art dedicated to W.E. Suida, London, 1959.
6 M. Gregori, Altre aggiunte in risarcimento di Antonio Francesco Peruzzini, in "Paragone", n. 307, 1975, pp. 69-80.
7 M. Chiarini, Antonio Francesco Peruzzini "Paragone", n. 307, 1975, pp. 65-69.
8
G. Biavati (a cura di), Problematiche sulla pittura di paesaggio tra `600 e `700, Genova, 1976-77, Tav.

9 Marco Ricci e il paesaggio veneto del Settecento, catalogo della mostra, Milano 1993, n. 76 e 77 259-261.
10 Ibidem, n. 74 e 75, pp. 258-259.
11 Ibidem, n. 73, pp. 255, 257, 259.
12 F. Franchini Guelfi, Alessandro Magnasco, (Cr), 1991, n. 17.
13 Ibidem, n. 20.
14 B. Geiger, op. cit., tav. 241.
15
Ibidem, pp. 151-152, tavv. 37-38.

 

 

 

 

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