Alessandro Cutelli
Archeologia industriale astigiana: Il caso della Way-Assauto
Anche se con qualche ritardo, progettisti e studiosi hanno cominciato ad occuparsi di archeologia industriale astigiana, considerando quindi i problemi legati alla catalogazione, allo studio, alla conservazione e, oggi più che mai[1], al recupero di quei fabbricati che costituiscono parte della storia industriale locale. Lo sviluppo tecnologico e l’assetto urbanistico della nostra città sono stati fortemente influenzati dalla vicenda storica di una particolare struttura industriale, la Way-Assauto, a tal punto da cancellare la “maglia progettuale” prevista dagli “Schemi di piano regolatore” del 1900[2] firmati da Niccola Gabiani. La vocazione industriale del sito si era affermata già nel 1874, con la costruzione del primo stabilimento per la lavorazione del vino (Enofila)[3], convertito nel 1906 in vetreria, ma la nascita e lo sviluppo degli stabilimenti metallurgici Way-Assauto ed Ercole contribuirono a saturare le aree edificabili della zona detta “della Vittoria”. Fu merito dell’allora sindaco Giuseppe Bocca se la società metallurgica decise di insediare il proprio stabilimento ad Asti, grazie al compromesso del 26 luglio 1906 in cui veniva stabilito che:
Veniva così dato incarico ad un professionista molto noto nell’area torinese, l’ing./arch.[5] Pietro Fenoglio di realizzare un progetto per un nuovo stabilimento metallurgico. Del Fenoglio sono molto noti gli interventi legati alla cospicua produzione di palazzine liberty commissionate dalla borghesia torinese di inizio secolo[6], basti ricordare la palazzina che in Corso Francia fa angolo con via Principi d’Acaia, datata 1902, detta Casa Fenoglio La Fleur, mentre spesso si ignora l’importante produzione legata all’architettura industriale[7] realizzata tra ‘800 e ‘900.
Fig. 1. Pietro Fenoglio, Fabbriche Riunite Way-Assauto, Sviluppo della facciata, scala 1:100, dicembre 1906, Asti, A.S.C.A., Concessioni edilizie, Cartella H 12, n. 35.
Il nucleo originario della Way-Assauto fu pensato da Pietro Fenoglio come una corte allungata composta da diversi corpi di fabbrica giustapposti, avente l’ingresso sulla diagonale delle cortine edilizie, in modo da favorire l’accesso dei treni-merci. Le facciate in laterizio erano scandite da paraste poco pronunciate e da finestre ad arco ribassato, mentre gli interni risultavano punteggiati dall’ossatura in cemento armato che serviva a sostenere la copertura in capriate cementizie a shed. La fisionomia iniziale dell’opificio del 1907[8] era quindi legata ad un aspetto estetico in grado di competere con la dignità estetica degli edifici civili, e gli interventi degli Anni ’20 (fig. 2, 3) sembravano orientati a rispettarne l’impostazione planimetrica e tipologica.
Fig. 2. Ing. Olivati, Fabbriche Riunite Way-Assauto, Asti, Palazzina uffici, facciata, 20 settembre 1915, Asti, A.S.C.A., Concessioni edilizie, Faldone H 16, n. 7.
Fig. 3. Ing. Olivati, Fabbriche Riunite Way-Assauto, Asti, facciata sud, scala 1:100, 6 novembre 1915, Asti, A.S.C.A., Concessioni edilizie, Faldone H 16, n. 7.
Fig. 4. La Way-Assauto vista dal cielo, 1925, “Way Assauto”, pubblicazione bimestrale illustrata, Anno II, n. 3, maggio-giugno 1925, p. 11, Torino, Biblioteca Nazionale.
Fig. 5. Viale centrale, 1925, “Way Assauto”, pubblicazione bimestrale illustrata, Anno II, n. 3, maggio-giugno 1925, p. 3, Torino, Biblioteca Nazionale.
Negli anni tra le due guerre, le tipologie edilizie adottate per i nuovi ampliamenti e per le modifiche di parti di fabbricati preesistenti cambiarono profondamente in risposta alla domanda di nuovi spazi destinati al lavoro e dei nuovi processi tecnologici, che richiedevano ampie finestrature e grandi maglie strutturali soggette a carichi minori, obiettivo raggiunto grazie all’impiego di coperture in metallo. Risale a questo periodo un fabbricato la cui architettura razionalista risulta ancor oggi degna di conservazione e valorizzazione: la nuova sede O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoro, fig. 6). Il 14 giugno 1938, la società Fabbriche Riunite Way-Assauto presentò alla Commissione edilizia un progetto per la realizzazione di un fabbricato, in Via Pietro Chiesa, adibito a Dopolavoro Aziendale[9], secondo il disegno redatto dal geom. Mario Fassone di Asti. Il Dopolavoro aziendale aveva il compito di promuovere fra gli operai quelle iniziative e attività che rientravano nelle finalità dell’Organizzazione, come l’escursionismo, lo sport e i giochi popolari, l’intrattenimento culturale (mostre, teatro, cinema, ecc.), l’assistenza sociale e l’assistenza sanitaria.
Fig. 6. Geom. Mario Fassone, Progetto per la costruzione di Dopolavoro Aziendale Fabbriche Riunite Way-Assauto, Asti, via Pietro Chiesa, prospetto principale, scala 1:100, Asti, A.S.C.A., Concessioni edilizie, anno 1938, Faldone H 33, n. 26.
La storia dell’edificio industriale risulta inevitabilmente legata all’evoluzione del ciclo produttivo e tecnologico sociale, infatti durante la seconda guerra mondiale la produzione si convertì rapidamente alla realizzazione di materiale bellico, per poi subire con la stagnazione economica seguita alla conclusione della guerra, una crisi che determinò il blocco temporaneo dello stabilimento. Per apparentare l’architettura industriale alla storia dell'architettura e del paesaggio, perciò, non vanno dimenticate le forti affinità con la tecnologia, la sociologia e la storia. Considerando poi gli ampliamenti e le modifiche avvenute sui corpi di fabbrica dal secondo dopoguerra in avanti, si rileva un cambiamento privo di connotazioni semantiche dell’edificio, che ne fa una sorta di “scatola” anonima ma flessibile, adattabile a tutte le trasformazioni dei modi di produzione. L'archeologia industriale deve dunque circoscrivere la propria ricerca fissando limiti cronologici, ma deve anche puntare al recupero di un variegato ventaglio di attività che si possono definire industria, sebbene certi tipi di produzione abbiano lasciato un maggior numero di testimonianze, diventando per questo più facilmente oggetto di studio. Il recupero può essere ostacolato da fattori pratici quali l'utilizzo dello stabilimento industriale per scopi diversi da quello originario o, non facendo parte del demanio pubblico, essere legato ai legittimi interessi del proprietario. La maggiore difficoltà, però, consiste forse nel ripristino non tanto di un determinato edificio, ma dell’ambiente in cui è sorto e si è sviluppato, spesso contaminato dagli stessi prodotti o dagli scarti industriali. Il problema della bonifica del sito, pertanto, rimane legato al recupero dell’archeologia industriale superstite. Da ultimo, va considerato il problema del finanziamento dell’intervento di recupero, visto che risulta più facile trovare i fondi per trasformare una struttura suscettibile di diventare un richiamo turistico, piuttosto che valorizzare un manufatto industriale avente rilevanza eminentemente scientifica e di difficile fruizione. Nelle strategie culturali dell’ente pubblico, questo aspetto risulta spesso decisivo circa le scelte di recupero di una realtà piuttosto che un'altra, orientamento che demanda all'iniziativa privata buona parte dello sviluppo di una disciplina recente come l’archeologia industriale.
Alessandro Cutelli Fonti archivistiche e bibliografiche
[1] Si veda l’intervento di recupero relativo all’area dell’ex Saffa in C.so Ivrea ad Asti. [2] Niccola Gabiani, Schema n. II di piano regolatore e di ingrandimento nel caso in cui la tranvia Asti - Montemagno venga trasportata al di là dell’Enofila, Asti, 19 ottobre 1900, scala 1:2000, Asti, A.S.C.A., Sezione Cartografica. [3] Nel 1871 alcuni imprenditori astigiani fondarono una società per la lavorazione delle uve e del vino, l’Enofila, con uno stabilimento di 4.000 mq di superficie coperta, dove si distillava grappa, vermouth, spumante, ecc. A causa della crisi agricola degli anni ’80 e della guerra doganale con la Francia nel 1888, l’Enofila fallì e lo stabilimento fu acquistato dal Comune. G. Crosa, Asti nel Sette-Ottocento cit., p. 468; Giulio Di Cossato, Note statistiche del circondario di Asti 1826-1896, Asti, Brignolo, 1897. [4]A.S.C.A., Deliberazioni del Consiglio Comunale, vol. 12/47, 26 luglio 1906, p. 76 recto, Compromesso colla Società Anonima Fabbriche Riunite Way-Assauto di Torino per l’impianto di uno Stabilimento Industriale. [5] Si ricorda che solo nell’ottobre del 1927 veniva sancita giuridicamente la separazione tra l’Albo degli Architetti e l’Albo degli Ingegneri. Paolo Nicoloso, Competenze e conflittualità nelle prime proposte sulla figura del tecnico urbanista, in “Urbanistica”, n. 86, Milano, Marzo 1987, p. 39. [6] L’attività professionale di Fenoglio iniziò negli ultimi anni del XIX secolo, dopo un breve tirocinio seguito alla laurea in architettura e ingegneria civile conseguita a Torino nel 1889, anni in cui emergeva lo stile dell’Art Nouveau, detta anche Liberty o Floreale. Dal punto di vista stilistico, Pietro Fenoglio si servì, nella sua vasta produzione realizzata in soli 25 anni di attività, dell’intero ventaglio di opportunità espressive offerte tanto dalla rievocazione degli stili storici quanto dalla modernità del Liberty. Dopo 25 anni di libera professione, Pietro Fenoglio decise di abbandonare l’attività di progettista per dedicarsi a incarichi di primario rilievo nel mondo bancario e finanziario. Alberto Massaia, Pietro Fenoglio architetto, in “Studi Piemontesi”, n.1, anno 2000, pp. 53-83. Sulla figura di Pietro Fenoglio si veda inoltre, Cesare De Seta, Storia dell’arte in Italia. L’architettura del Novecento, Torino, UTET, 1981, cap.I.2; Riccardo Nelva, Bruno Signorelli, Le opere di Pietro Fenoglio nel clima dell’Art nouveau internazionale, Bari, Dedalo libri, 1979; Manuela Santagata, Il segno di Pietro Fenoglio nell’architettura industriale torinese, Tesi di Laurea, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura, relatore Sergio Pace, A.A. 2004-2005; Maria Grazia Giordano, L’architettura industriale a Torino tra ‘800 e ‘900: l’ingegner Pietro Fenoglio, Tesi di Laurea, Politecnico di Torino, Facoltà di Architettura, relatore Anna Maria Zorgno, A.A. 1996-199 [7] Si riporta un primo elenco delle opere industriali torinesi progettate dall’arch. P. Fenoglio fra il 1899 e il 1912, di cui alcuni già demoliti: Ansaldi poi FIAT Grandi Motori, Via Cuneo; Società Termotecnica e Meccanica, Corso Tortona; Cotonificio Remmert, Ciriè (TO); Conceria Fiorio, Via S. Donato; fabbrica Malcotti, Corso Massimo d’Azeglio; fabbrica Metzger, Via Bogetto; fabbrica Rognoni, Via Tiziano; fabbriche Gilardini, Corso Giulio Cesare e Via Aosta; Società Diatto, Via Frejus; carrozzeria Locati & Torretta, Via Nizza; Società Italiana Krieger, Corso Regina Margherita; Itala, Corso Rosselli; Concerie Italiane Riunite, Strada Lanzo; Rapid, Via Nizza; saponeria Debernardi, Via Parma; Società Torinese Panificazione; Fonderia Smalteria e Affini Ballada & C., Corso Verona; Fabbrica Nazionale Carta da Parati, Corso Vigevano; Venchi Unica, Corso Regina Margherita; stabilimento cinematografico Ambrosio, Corso Verona; Autocommerciale, Via Petrarca; Laclaire & Saglietti, Via Andorno; fabbrica Dettoni, Via S. Ottavio. A. Massaia, Pietro Fenoglio architetto cit., p. 53. [8] A.S.C.A., Concessioni edilizie, Cartella H 12, n. 35, Autorizzazione del Consiglio d’Ornato, 14 marzo 1907, segretario della Commissione d’Ornato, Niccola Gabiani; B.N.To, “Way Assauto”, pubblicazione bimestrale illustrata, Anno I, n. 1, Torino, febbraio-marzo 1924, p. 4. [9] A.S.C.A., Concessioni edilizie, Faldone H 33, n. 26, Allegato alla domanda per il rilascio dell’autorizzazione edilizia, f. 26B.
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